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venerdì 18 maggio 2018

Storia ed evoluzione dell'A.N.S.A.C.A.P. Intervista a Paolo Zangarini

È passato un po' di tempo dalla nostra ultima pubblicazione sul sito, ma ripartiamo proprio da dove avevamo concluso: la storia degli agenti dei consorzi agrari (leggi qui). Stavolta lo facciamo però da un'angolatura diversa, attraverso una ricca intervista ad una voce autorevole in materia: Paolo Zangarini, bolognese, da cinquant'anni segretario nazionale dell'A.N.S.A.C.A.P. (Associazione Nazionale Sindacati Agenti dei Consorzi Agrari Provinciali), impegnato su tutti i problemi della categoria e, da sempre, firmatario dell'accordo economico collettivo tra i Consorzi Agrari ed i suoi agenti di commercio. Nell'intervista vengono affrontate in modo più dettagliato e tecnico molte delle problematiche che avevamo toccato nel precedente articolo. Problematiche a cui, purtroppo, ancora non si riesce a dare un'adeguata risposta, mentre gli agenti sono in febbrile attesa del nuovo accordo collettivo.

Paolo Zangarini



1) Dott. Zangarini, come prima domanda di questa nostra intervista sugli agenti dei Consorzi Agrari, vorremmo chiederle di spiegare brevemente ai nostri lettori come sono nati ed in cosa consistono la strutture entro la quale operano gli agenti?

I Consorzi Agrari sono società cooperative, nate, negli ultimi anni del 1800 e nei primi del 1900 con la funzione di gruppi di acquisto a favore degli agricoltori, soci.
Nel 1892 si costituiva a Piacenza la Federconsorzi, una organizzazione a livello nazionale con compiti logistici e di coordinamento per tutte le attività commerciali nel campo agricolo.
Il regime fascista sfruttò la presenza di questa capillare rete commerciale, presente in ogni provincia (94 nel 1939) per supportare la propria politica agraria, arrivando fino all’ammasso obbligatorio del grano.
Dopo la liberazione il mondo consortile si consolidò sulla base di un rapporto piramidale fra Consorzi agrari e Federconsorzi, cooperativa di secondo grado il cui soci erano i consorzi agrari.
Questo stato di cose è andato avanti fino al 17 giugno 1991, quando la Federconsorzi è stata sottoposta a commissariamento e liquidazione, trascinando nel proprio crac finanziario la maggior parte dei consorzi agrari, fortemente indebitati con la stessa Federconsorzi, e, salvo poche eccezioni, posti in liquidazione coatta amministrativo con esercizio provvisorio .
Mentra alcuni Consorzi Agrari non si sono ripresi, altri sono rientrati in bonis ed hanno realizzato accorpamenti, anche alla luce della legge di riforma 28 ottobre 1999 n. 410, in base alla quale i consorzi agrari hanno perso la loro caratteristica pubblicistica per diventare normali società cooperative.
La rete commerciale dei Consorzi Agrari era unica al mondo, essendo presente con un proprio punto vendita in ogni paese d’Italia.
Oltre 3.500 depositi per la distribuzione dei prodotti utili all’agricoltura, macchine, prodotti petroliferi e, sovente, commercio al dettaglio di articoli per il giardinaggio, la cura degli animali e generi alimentari (talvolta olio, vino e pasta prodotti da stabilimenti degli stessi Consorzi Agrari), collegati con magazzini per l’ammasso volontario del grano e di altri cereali, gestiti da agenti, con rappresentanza e con deposito, con una molteplicità di incarichi.
Oltre alla promozione di affari (art. 1742 c.c.), i rappresentanti sono anche incaricati di concludere gli affari promossi, hanno l’incarico di custodire i prodotti affidati in deposito, di effettuare le consegne ai clienti, oltre a gestire l’ammasso dei cereali ed a svolgere l’attività di sub-agente assicurativo.
Il numero delle agenzie si è sensibilmente ridotto, per realizzare economie gestionali, ma quelle rimaste mantengono intatto il modello classico.

2) Quando nacque l'associazione sindacale tra agenti dei vari Consorzi Agrari? E chi furono i protagonisti di quell'evento?

Gli agenti dei consorzi agrari capirono la necessità di parlare con una sola voce alla propria unica ditta mandante, la quale esercitava una discriminazione sul piano contrattuale, tentando in ogni modo di realizzare trattative individuali discriminatorie.
Per questo nacquero, in molte province, sindacati degli agenti, con l’intento di creare un dialogo continuativo e trattare in maniera unitaria tutti gli aspetti contrattuali.
Vista la riottosità dei consorzi agrari, nel 1964 gli agenti di tutta Italia organizzarono una manifestazione in Piazza Curtatone a Roma, di fronte al palazzo della Federconsorzi, per evidenziare la necessità di una maggiore considerazione della categoria.
Era presente una folta delegazione, di circa 650 agenti, i quali, rendendosi anche conto della necessità di un coordinamento nazionale, cui concepirono l’A.N.S.A.C.A.P., formalizzata con statuto sottoscritto a Roma il 16 aprile 1965, registrato con rogito rep. 215406 del dott. Romualdo Manoni.
Il nome dell’associazione è l’acronimo di Associazione Nazionale dei Sindacati degli Agenti dei Consorzi Agrari Provinciali.
Una federazione di secondo grado, nata per assistere i sindacati provinciali e coordinarne l’attività, recependo le esigenze della base, per favorirne la soluzione.
Per mantenere viva la propria presenza e favorire un dialogo attivo con la base, A.N.S.A.C.A.P. ha pubblicato per oltre vent’anni un periodico (L’Agente CAP), mensile di otto pagine in formato tabloid, con tiratura di 3.500 copie, destinate ai 3.500 paesi nei quali esisteva una agenzia del consorzio agrario.
Il primo problema della neonata federazione fu quello di trovare un interlocutore e di ottenere il riconoscimento da parte dei consorzi, totalmente refrattari a qualsiasi soluzione di tipo collettivo.
I consorzi, infatti, hanno sempre rifiutato il riconoscimento degli accordi economici collettivi, adducendo motivazioni insulse, ma capaci di creare un muro invalicabile.
A.N.S.A.C.A.P. realizzò allora un “ufficio contratti”, il quale, in possesso di espressa ed incontestabile delega dei singoli agenti, andò presso tutti i consorzi agrari per trattare la formulazione del “contratto individuale”, con il non celato intento di renderli tutti identici, così da gettare le basi di una contrattazione collettiva.
L’azione fu talmente capillare e tenace da fiaccare le pur tenaci resistenze dei consorzi agrari, i quali si rivolsero alla Federconsorzi implorando una soluzione.
La Federconsorzi non aveva, statuariamente, poteri sui rapporti di agenzia dei consorzi agrari, ma aveva al proprio interno l’Associazione Sindacale dei Consorzi Agrari (ASSOCAP), cui erano demandati i rapporti di lavoro dei dipendenti e dei dirigenti dei Consorzi.
Bastò una buona parola del Presidente Fedit (Sen. Truzzi) e la buona volontà del Presidente ASSOCAP (Avv. Codicè) per realizzare una piccola modifica statutaria di ASSOCAP, la quale assunse l’incarico anche della contrattazione collettiva per gli agenti.
A.N.S.A.C.A.P. aveva finalmente trovato il proprio interlocutore.
Va opportunamente precisato, a scanso di equivoci, che ASSOCAP era – ed è – una associazione sindacale con propria personalità giuridica e, pur avendo sede nel palazzo della Federconsorzi, ha sempre avuto totale autonomia, per cui non è stata attratta nel crollo Fedit (salvo dover trovare una nuova sede) ed ha proseguito ininterrottamente la propria attività contrattuale per dirigenti, dipendenti ed agenti dei consorzi agrari.

3) Com'era disciplinato il contratto di agenzia prima della nascita di A.N.S.A.C.A.P?

Per comprendere lo sviluppo dell’incontro-scontro fra A.N.S.A.C.A.P. ed ASSOCAP, è necessario inserirlo nel quadro più ampio del contratto di agenzia.
Le norme collettive degli agenti di commercio hanno avuto uno sviluppo storico articolato, che esaminiamo in larga sintesi.
Dopo quello del 25 maggio 1935, vide la luce l’accordo economico collettivo 30 giugno 1938, cogente ed inderogabile ancora oggi, e presupposto di tutti gli accordi successivi, stipulati fra le organizzazioni sindacali degli agenti e delle ditte mandanti nei settori commercio, industria, artigianato, cooperazione.
Con D.P.R. 29 dicembre 1960 n. 1842 venne reso “erga omnes” l’A.E.C. 13 ottobre 1958 per il settore commercio e con D.P.R. 16 gennaio 1961 n. 145 fu fatta analoga operazione per l’A.E.C. 20 giugno 1956 nel settore industria.
Tutti gli A.E.C. successivi hanno, invece, valore squisitamente privatistico e sono applicabili solo alle parti aderenti alle associazioni stipulanti, o, in ogni caso, ai rapporti in cui sia citata contrattualmente l’applicabilità della discplina collettiva.
Con la direttiva CEE 86/635 del 18 dicembre 1986 e la successiva riscrittura degli articoli 1742-1753 c.c. con i Decreti legislativi 10 settembre 1991 n. 303 e 15 febbraio 1999 n. 65, le norme legislative e quelle collettive trovano molti punti di incontro e si sviluppano su binari paralleli, tant’è che gli A.E.C. sono stati oggetto di profonde modifiche.
I consorzi agrari non hanno mai riconosciuto la validità degli A.E.C., salvo, ovviamente, quello del 30 giugno 1938, dal quale non si potevano sottrarre, ed hanno fondato i rapporti con i loro agenti sui soli contratti individuali, lunghissimi ed articolati, perché “autarchici”.

4) Quando si passò da queste forme contrattuali individuali alla stipula di un vero e proprio accordo economico collettivo fra Consorzi ed agenti?

Nel 1985. A distanza di vent’anni dalla propria nascita, grazie alle intense lotte promosse con tenacia, finalmente A.N.S.A.C.A.P. si sedette al tavolo delle trattative di fronte ad ASSOCAP per realizzare il primo accordo economico collettivo (va detto, per precisione, che ASSOCAP lo volle chiamare Accordo Collettivo, evitando di mettere la parola “economico”, a scanso di equivoci) sottoscritto in date del 30 giugno 1986.
I rinnovi successivi portano la data del 21 dicembre 1993, dell’8 maggio 2001, del 3 aprile 2009, e del 23 gennaio 2014.
Quest’ultimo è scaduto il 31 dicembre 2017, ma non è stato possibile rinnovarlo per molti motivi organizzativi di ASSOCAP, per cui sono iniziate le trattative solo nel marzo del 2018 e si conta di poterle concludere entro l’anno.
L’A.E.C. è strutturalmente costruito sulla falsariga di quelli esistenti nei settori commercio ed industria, dai quali si distingue perché si sofferma con attenzione sulle caratteristiche proprie di questa categoria, ignorate negli accordi “normali”: il rapporto di rappresentanza, la gestione del deposito, l’attività continuativa di incasso, l’incarico di facchinaggio e di trasporto,
Su questi punti ci sono sempre state e ci sono incomprensioni lessicali e sostanziali, che si intende superare con il rinnovo in corso.

Firma dell'accordo economico collettivo del 3 aprile 2009


5) Quali sono tutt'oggi i compiti e le prerogative di A.N.S.A.C.A.P.? E com'è strutturata territorialmente l'associazione?

A.N.S.A.C.A.P. è, come già rilevato, una federazione di secondo grado, i cui soci non sono gli agenti, ma i sindacati provinciali (oggi quasi tutti interprovinciali, quando non regionali), i quali partecipano all’annuale assemblea, l’ultima delle quali si è svolta il 18 febbraio 2018.
Il principale compito dell’associazione è l’aggiornamento della disciplina collettiva.
Per poter essere un valido interlocutore nella contrattazione collettiva è necessario conoscere il più possibile le problematiche locali, anche personali, per cui l’attività svolta dall’associazione è finalizzata alla raccolta di informazioni, sia attraverso le annuali assemblee, sia attraverso un dialogo con i singoli agenti, tenuto oggi con i mezzi forniti dalla tecnologia, cioè con messaggi e-mail, informazioni inviate tramite il sito Web e con le molte occasioni di incontri personali, per fornire assistenza e consulenza contrattuale.
Infatti A.N.S.A.C.A.P. risponde a tutti i quesiti dei singoli agenti, fornisce suggerimenti e consulenze contrattuali, sviluppa conteggi per indennità di fine rapporto, si pone come supporto per fornire la propria esperienza ai legali nominati dagli agenti, quando è necessario adire le vie legali.
L’assistenza ai singoli agenti non dovrebbe essere un compito di A.N.S.A.C.A.P., ma è una attività preziosa per raccogliere ogni esperienza ed arricchire la propria cultura e le proprie informazioni, utilissime nel confronto con la controparte contrattuale.
Nell’assemblea del 18 febbraio si sarebbe dovuto illustrare ed analizzare il nuovo A.E.C., invece ci si è dovuti limitare a spiegare le motivazioni del rinvio delle trattative e rianalizzare la piattaforma in discussione, per raccogliere preziosi suggerimenti

6) Come giudica l'attuale situazione dei Consorzi Agrari italiani, coinvolti in numerosi accorpamenti e fusioni?

E’ notorio il decadimento complessivo del mondo consortile, dopo la liquidazione della Federconsorzi.
La maggior parte dei Consorzi sono stati assoggettati a liquidazione coatta amministrativa, per lo più con esercizio provvisorio. Alcuni hanno definitivamente cessato l’attività, altri hanno avuto la forza di rimettersi in bonis, altri ancora hanno cercato la soluzione per sopravvivere realizzando fusioni ed accorpamenti.
Da una presenza consortile diffusa in ogni provincia, oggi la geografia è profondamente modificata attraverso un processo di accorpamenti ancora in corso.
La rete di vendita ha subìto, a sua volta, una ristrutturazione sostanziale, anch’essa non definitiva.
La capillarità della presenza dei consorzi era giustificata dalla necessità di essere il più possibile vicini al cliente. Il miglioramento della rete viaria e dei mezzi di trasporto ha reso superflua e molto costosa una rete così diffusa.
La chiusura di magazzini, oltre ad un risparmio gestionale, ha rappresentato spesso la soluzione migliore per trovare liquidità, vendendo gli immobili, quasi sempre collocati in zone strategiche.
Il mondo consortile vive da anni un continuo divenire ed è ben lontano dal raggiungere una stabilità.
Le fusioni, talvolta, sono l’unico strumento per fare sopravvivere aziende ormai decotte e senza speranza, accorpandole ad altre un po’ più sane per realizzare una diminuzione dei costi ripetitivi e per eliminare strutture inutilmente duplicate.
Non sempre, per vari motivi, questa politica di contenimento dei costi si realizza, ed allora la struttura malata contagia quella sana, creando un male ancora maggiore di quello che si intendeva sanare.
Non va dimenticato che i consorzi agrari sono amministrati da dirigenti eletti dagli agricoltori, soci, a loro volta associati a qualche associazione agricola. Il c.d.a. così eletto risulta quindi essere l’espressione dell’associazione cui la maggioranza dei consiglieri aderisce.
Quasi tutti i consorzi sono sotto l’influenza determinante di Coldiretti, mentre ben pochi rientrano nell’alveo dell’Unione Agricoltori.
Le politiche di fusione e di accorpamenti sono spesso decise dai vertici di queste associazioni, le quali, troppo spesso, si limitano a valutazioni “politiche” e non approfondiscono appieno le esigenze di mercato, le diversità dei territori e le loro vocazioni culturali, e, soprattutto, la profonde problematiche economiche.
I consorzi agrari sono cooperative e, come tali, non accolgono capitale di rischio, ma si limitano alle modestissime quote sociali previste per tali figure societarie, quindi sono sottocapitalizzati e non in grado di far fronte alle ingenti problematiche debitorie nelle quali si dibattono.
In taluni casi la fusione ha consentito di realizzare economie di scala rilevanti e la nuova creatura, se pure non naviga in acque ottimali, migliora le risorse complessive.
In altri casi il rimedio è risultato peggio del male.

7) Per gli agenti, nelle attuali condizioni in cui versano i Consorzi Agrari, sta cambiando qualcosa o i problemi di sempre continuano a persistere?

Gli agenti, con rappresentanza e con deposito, sia pure ridotti nel numero, rimangono sempre il supporto vitale dell’attività consortile per una serie rilevante di motivi.
Prima di tutto gli agenti con deposito sono le uniche figure, in questo mondo, che investono capitali propri e rischiano per scelte fatte da altri.
Le attrezzature per la movimentazione delle merci, sia all’interno che all’esterno del deposito sono, infatti, di proprietà degli agenti, i quali, se il consorzio chiude, per la cattiva gestione di altri, sono costretti a svendere il proprio capitale.
Quando l’agente si avvale dell’opera di personale dipendente, in caso di chiusura del consorzio, deve liquidare tutte le indennità spettanti contrattualmente, ma non ha alcuna garanzia di riscuotere le proprie, perché il consorzio in liquidazione coatta non ha, solitamente, la possibilità di far fronte ai propri debiti, spesso nemmeno a quelli privilegiati.
Il secondo motivo è il rapporto normalmente esistente con la clientela: l’agente, per ormai antica tradizione, non è solamente il venditore, ma è anche il consulente e l’amico per l’agricoltore, il quale rimane legato al consorzio solo perché gli viene portato in casa dall’agente, di cui ha fiducia e, per lui, a volte, sopporta anche di pagare i prezzi elevati del listino consortile.
Inoltre l’agente con deposito, oltre a gestire la merce, promuovere le vendite e fa le consegne ai clienti, svolge per il consorzio moltissimi altri compiti di natura amministrativa. Emette le bolle di consegna e, quasi sempre, le fatture, riscuote sia per le vendite a contanti, sia per i crediti scaduti, emette le cambiali agrarie, svolge le attività di promozione delle politiche organizzative del consorzio, il tutto senza una remunerazione specifica.
Per non parlare dell’attività di raccolta e di conservazione dei cereali, di importanza primaria nell’attività consortile, affidata ai rappresentanti con deposito.

Un'assemblea A.N.S.A.C.A.P.


8) A quanto pare sono ancora molti i punti critici da risolvere per gli agenti dei Consorzi Agrari e ci auguriamo tutti che vengano trovate quanto prima soluzioni congrue al loro superamento.
Per concludere, vorremmo chiederle come vede l'attuale situazione dell’agricoltura italiana che è, in sostanza, il settore in cui operano gli agenti?

Sull’andamento dell’economia in genere, e dell’economia agricola in particolare può essere detto tutto ed il contrario di tutto: da anni l’Italia arranca con fatica per superare una crisi epocale e, periodicamente, i “guru” della politica buttano sul tavolo numeri per dare speranze di ripresa, o fare le cassandre per togliere le speranze.
L’economia agricola, oltre ai problemi caratteristici di qualsiasi altro comparto economico, soffre per l’andamento climatico: la siccità si alterna con le alluvioni, il grande caldo ed il grande freddo distruggono i raccolti.
Eppure in agricoltura si assume ancora e le cronache ci riferiscono di molti giovani che scelgono di abbandonare la città per la campagna, naturalmente per culture a professionalità elevata. L’agroalimentare italiano ha fatto registrare numeri di tutto rispetto e le esportazioni (malgrado l’Europa…) hanno dato non poco respiro alla nostra asfittica bilancia dei pagamenti. Si dovrebbe fare moltissimo di più per valorizzare, in Italia ed all’estero, le nostre eccellenze agroalimentari locali.
In Francia ed in Germania l’attività di selezione e valorizzazione del prodotto agroalimentare viene svolta da organizzazioni statali.
In Italia è lasciato tutto alle iniziative, anche originali, dei singoli: basti pensare all’esperienza di F.I.CO. a Bologna, nata sotto i migliori auspici e capace di grandissime potenzialità per il futuro nella diffusione della cultura del cibo e della produzione agroalimentare.
Non c’è mai stato un intervento pubblico, come in altre nazioni europee.... ma forse è meglio così.

Bologna, 19 aprile 2018
Paolo Zangarini

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