Rielaborato,
con integrazioni, da:
Silvano
Valenti, Italia al Brennero – 1918-1988, Ediz. de “La Vetta d’Italia”
(Quaderni della “Clessidra, n.8 – a cura del “Centro di documentazione storica
per l’Alto Adige, Bolzano (Presel) III ediz., 1988, pagine 54
«Chi muterà questa grandezza
in lunga disputa di vecchi,
in concilio senile d’inganni?
Inchiostro di scribi per sangue di martiri?
A peso di carte dedotte
Ricomperato
il martirio degli anni?
[…] Vittoria
nostra non sarai mutilata.
Nessun o può frangerti i
ginocchi
Né tarparti le penne».
D’Annunzio, La Preghiera di
Sernaglia.
Ricordare il martirio di Cesare Battisti in
questo solenne anniversario è un «omaggio dovuto alla memoria di chi con quel
sacrificio ha segnato il Suo nome nella storia dell’umanità in generale e in
quella della Patria in particolare». Il
testuale è di Andrea Mitolo, che vent’anni fa commemorò Battisti e Filzi nell’italianissimo
periodico altoatesino da lui fondato e diretto 1.
Dallo stesso articolo è tratto il testo
d’apertura, Una luce e un monito cui seguono Il confine
alla Vetta d’Italia nel pensiero di Cesare
Battisti integralmente riprodotto dall’edizione del 1988,
accresciuta e in breve esaurita, dell’opuscolo Italia al Brennero, alcuni
documenti sulla maliziosa espunzione – mirata a puntellare la malferma tesi
salornista – di un esplicito richiamo di Battisti alla Vetta d’Italia in una
lettera dal Tonale alla moglie Ernesta, un articolo su questa
manomissione pubblicato da Maurizio Lorandi e infine un dettaglio della carta
geografica allegata a Il Trentino di Cesare Battisti in cui è chiaramente
tracciato il confine al Brennero e alla Vetta d’Italia.
La seconda parte è tutta inedita e riguarda
Andrea Mitolo, figura esemplare che lottò una intera vita in difesa
dell’italianità dell’Alto Adige.
Queste pagine, in vista di una edizione a
stampa, sono diffuse in rete a prevenire i ricorrenti rigurgiti di
‘salornismo’. A questo proposito ritengo tuttora attuale un mio
giudizio di una ventina d’anni fa sui sentimenti e i risentimenti che in
provincia di Bolzano sono sempre radicati; radicati, sì, ma, a Dio piacendo, «con qualche punto in più per i primi e
molti di meno per i secondi, grazie alla rinnovata presa di coscienza e alla
maturità di molti atesini dell’uno e dell’altro gruppo. Ci son voluti decenni
di sofferenze e di umiliazioni, perché si cominciasse a capire che nella
discordia tutto rovina e senza Patria nulla si costruisce. La macina del tempo
frantuma le illusioni, le chimere, le utopie; ma non i valori veri, destinati a
sopravvivere alle mutevoli bizzarrie della moda, e qualche amara esperienza
giova a rafforzarli » 2.
FerruccioBravi
1
« La
Vetta d’Italia »
Bolzano, maggio-luglio
1986-xxvi/5-7. In questo periodico, del quale fui cofondatore con
il prof. Lorandi e redattore dal 1960 al 1998, pubblicai
vari studi molto apprezzati dall’avv. Mitolo che mi onorò di grande
amicizia e
stima. Oltre a vari studi di storia locale, di
toponimia atesina e sulla ‘questione ladina’, vi
pubblicai, nel Cinquantenario
della Vittoria, il saggio Italia al Brennero in varie puntate poi
raccolte in un fascicolo edito dal Centro di documentazione storica per l’Alto
Adige, a cura di Silvano Valenti
(eteronimo con cui firmavo gli studi minori).
2 Italia al
Brennero,
nota alla terza edizione (1988).
«Non v’è potenza
più nobile di quella testa levata sul
collo rigido e di quello sguardo fisso nello
splendore del sacrifizio, mentre intorno si rimpiccioliscono i più goffi
aspetti dell’abiezione umana.
Rare volte l’anima poté riscolpire l’uomo con tanto
rilievo, in un’ora adamantina di eroismo.
Si vede come Cesare Battisti pure prima di morire portasse
nel suo volto quell’apparizione di
bellezza morale che su la faccia dei martiri non si
rivela compiutamente se non dopo
il trapasso».
Una luce e un monito
di Andrea Mitolo
[…] Battisti fece ascoltare la sua voce in ogni
parte dell’Italia peninsulare ed insulare, in una serie di conferenze, discorsi
e scritti che infiammarono di passione gli Italiani più d’ogni altro
interventista, fu il socialista che antepose al credo ideologico quello della
Nazione e il suo destino doveva
compiersi con la redenzione di Trento
e Trieste e la conquista dei confini naturali. Fu il socialista che, secondo
alcuni storiografi, avrebbe influito
sulla
conversione di Mussolini dal neutralismo
all’interventismo 1. Fu il socialista che, accantonato
il socialismo, si sentì soltanto italiano e come tale si comportò. È una menzogna, con cui lo si
vorrebbe disonorare, quella secondo cui egli sarebbe stato
contrario al confine del Brennero, perché questo avrebbe comportato
l’inclusione di un territorio abitato prevalentemente da una popolazione
allogena.
Basterebbe a smentirla la carta geografica
che egli compilò
per
il
saggio Il
Trentino (con
un’Appendice sull’Alto Adige),
edito dall’Istituto Geografico De Agostini di Novara, prima dell’entrata in
guerra dell’Italia. In essa Battisti segnò chiaramente che il confine geografico,
naturale, dell’Italia
seguiva la linea dello spartiacque
alpino. Basterebbe la
lettera del 14 ottobre 1914 a Ettore Tolomei col
quale ebbe rapporti sempre più stretti.
Come attesta la corrispondenza epistolare
trafugata col saccheggio dalla casa di Gleno nel 1915. Con quella lettera Battisti smentiva seccamente le voci che lo
indicavano come «salornista
», cioè come
fautore del confine a Salorno. In tutti gli scritti e in tutti i discorsi pronunciati durante la campagna per l’intervento Battisti
propugnò «la
suprema necessità di
integrare l’Italia sino alle Alpi » e chiamò «la via del Brennero la gran porta
settentrionale d’Italia ».
Nel
luglio del 1915 in una lettera alla moglie dal
Tonale, affacciando l’ipotesi che il
«germanesimo
», contro il quale egli fu sempre in lotta,
potesse risorgere dopo essere stato debellato dalla guerra in corso,
affermava: « Ma
allora sarà il finis finium.
E io non su queste balze, ma presso la Vetta d’Italia avrò vicino mio figlio… ».
Questa ultima
frase è stata colpevolmente omessa
nel
testo
della
lettera pubblicata nell’Epistolario,
curato da Paolo Alatri. Ma la figlia del Martire, Livia,
a chi
le
ha
chiesto spiegazione di tale sorprendente
omissione, ha risposto con lettera del 4 gennaio 1967 2 che essa è
dovuta «ad un errore di trascrizione
», confermando che nell’originale la frase esiste.
È auspicabile
che
in
una eventuale seconda edizione o in un’appendice l’errore
venga corretto,
perché il
richiamo alla
«Vetta d’Italia
», l’estremo limite settentrionale del
confine additato, costituisce la testimonianza più certa che il pensiero di
Battisti all’inizio della guerra coincise con quello di Tolomei e del governo
italiano, che tre mesi prima aveva ottenuto dagli alleati, col Patto di
Londra, il riconoscimento di quel confine, in caso di vittoria.
E ai « confini della
Patria » che «saranno al Brennero e al Quarnaro » accennerà significativamente nell’opuscolo Gli
Alpini del 1915. […]
1 Si è scritto peraltro che Mussolini fu corrotto dall'oro
francese attraverso il compagno Cachin, socialista di lungo corso. È una
versione accettata dalla ‘storiografia’ antifascista e perfino dal Partito
Comunista Internazionale – di solito dissociato dalle mistificazioni degli
antifascisti – che nel suo foglio ufficiale così scrive: «[...] dalla
Francia Cachin portò a Mussolini la mazzetta dell’Intesa e con questi
soldi, pochi giorni dopo, veniva alla luce il giornale
guerrafondaio-democratico "Il Popolo d'Italia". Sì, signori, il
fascismo nacque come movimento demo-rivoluzionario di difesa delle nazioni
democratiche!!!».
Falsità del genere sono smentite non solo dalla provata incorruttibilità di
Mussolini che disprezzava il danaro al segno di devolvere al popolo i suoi
emolumenti attraverso le opere assistenziali, ma anche dalla secca rettifica
del Cachin: «Se c'è un creditore, questi è Mussolini che
offerse a me e a mia moglie una colazione a Milano» (il primo testuale è estratto da «il Partito Comunista», Firenze,
novembre 1992, n° 205; il resto dalla Controstoria, tuttora inedita, di
F. Bravi).
2 v. articolo seguente..
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