"Mai incontrato nella storia, nella letteratura, nella cronaca una canaglia tanto simpatica. Eppure la sua fortuna, sul versante italiano, è passata dal silenzio al silenzio, finché..."
..finché l'hanno ingabbiato in una fitta rete di fili che chiamano internet. Da studioso un poco all'antica, che arranca su un antiquato programma di scrittura, non ho una idea precisa sul funzionamento della 'interrete', ma credo di capire che essa sia un luogo d'appuntamento di utenti molto diversi per livello intellettuale e morale, volti a soddisfare esigenze lecite e no. Tutti convengon lì da ogni parte: gente che conta e gente che vale, analfabeti e uomini di cultura, cani col collare e cani sciolti, furfanti e galantuomini, chiunque può far sentire la sua voce e accedere a questo immenso supermercato (del bene e del male, del brutto e del bello, del vero e del falso) e scegliere con pari opportunità cultura, belle donne, prodotti di consumo; o, se preferisce, veltronaggini, trastulli inverecondi, droghe micidiali. Affari suoi. L'importante è che le persone per bene e di sano istinto non siano più emarginate e possano esporre i loro prodotti, le loro opinioni, i loro gusti con le stesse garanzie di cui godono delinquenti e sporcaccioni.
Insomma, finché la piovra non avrà allungato i tentacoli su questa provvidenziale diavoleria livellatrice, internet rappresenterà, almeno in Italia, l'unica credibile prospettiva di par condicio.
Prima di internet non si parlava molto di lui nella sua terra (il Tirolo Cisalpino dove nacque nel 1377), così pure nei paesi tedeschi dove lo avevano scoperto di recente. Eppure Osvaldo di Wolkenstein (Sëlva in gardenese) non era un soggetto minderwertig, da dozzina.
Nobile d'estrazione ma di gusti grossolani, poeta non molto raffinato ma impeccabile nei concetti nella metrica e nella rima, musico non originale ma virtuoso, uomo d'armi e politicante, avventuriero, giramondo, donnaiolo, trincone, imbroglione: tutto questo era, e tant'altro ancora, un impasto di buono e di cattivo, sopportabile ad ogni palato.
"Leva il calice e beviamo!
Non lasciamo
Questo Vino prelibato!
Se ci lega
Le ginocchia, ce ne frega!
Basta ch'entri difilato.
Se poi si va a letto col piede che ciurla,
è cosa da burla è cosa da burla."
CANTO LXXXIV, 9 sgg. - Trad. di F. POLITI
Bravi cominciò a parlarne giovanissimo, nel lontano 1955, in una biografia seriosa apparsa nell' <<Archivio per l’Alto Adige>> di Carlo Battisti e adottata come testo universitario a Roma da Luigi Lun, docente e studioso atesino, finché la piena dell'Arno, undici anni dopo, disperse la scorta degli estratti. Quel testo non era un gran che e, nello scempio dei capolavori distrutti o guasti dal cataclisma, la perdita passò inosservata. A rimediare, seguì nel 1970 Mito e realtà, edito dal nostro Centro, volume in ottavo, più decoroso che altro e comunque esaurito in poco più di un anno. Nel '71 pubblicammo un’edizione ridotta che non ebbe altrettanto successo e nel '77, per non mancare all'appuntamento del giubileo osvaldiano, il saggio Uomo e poeta, accolto con discreto favore. Per finire, nel 1986 uscì la terza edizione di Mito e realtà, che sul principio tirò molto bene, ma presto ristagnò per saturazione di mercato. L'invenduto ingombra tuttora il deposito del Centro e il povero autore, che ci si è invecchiato sopra, non fa che ripetere il ben noto lamento osvaldiano: « Soll ich von sorgen werden greis ».
Insomma, Osvaldo all'italiana, in carattere con il percorso terreno del personaggio, ha avuto i suoi alti e bassi navigando a vista, tra fortuna e bonaccia. La sua tumultuosa storia intessuta di avventure incalzanti, di tempeste e di lotte ha avuto ben strana sorte fra i lettori italiani: è entrata nelle loro case in punta di piedi, uscendo dalle pagine di cinque libri tutti nostri, tutti dello stesso autore, quasi mai esposti in vetrina, di rado recensiti o citati dai mezzi d’informazione. Emblematico esempio di cultura sommersa che viaggia dal silenzio al silenzio.
Ora, a pareggiare i conti, arriva internet.
È andata così: un guru della telematica scopre il Wolkenstein, approdato in più siti di quel singolare pianeta: i titoli citati sono molti, ma tutti in tedesco. Quelli in italiano li trova, ibernati, in biblioteca. Ne sceglie uno, la terza edizione di Mito e realtà: lo legge, gli piace e dalla sua agenzia educativa, la Tangram di Merano, lancia in internet una sorta di caccia al tesoro telematica. Il concorso è intitolato, infatti, Caccia al Wolkenstein, precisamente all'originale del suo Canzoniere, trafugato con destrezza in un archivio storico da ignoti che lasciano tracce in diversi siti. I ladri sono acciuffati a Vienna dalla polizia che però non riesce a bloccare l'intermediario in fuga con il prezioso manoscritto. Investigatori più sagaci, sulla base di nuovi indizi, dovranno individuare il luogo dove è nascosto il codice.
Il gioco in interrete è stato presentato a Milano in anteprima e giudicato come « la migliore iniziativa culturale dell’anno ». Il Ministero della pubblica istruzione, il Comune di Merano e la Provincia Autonoma Provincia di Bolzano hanno apprezzato gli « alti meriti educativi» del concorso e ne hanno assunto il patrocinio. Anche il nostro istituto, uscito dal buio, ha fatto la sua parte dando con il suo volume l’indispensabile supporto storico-letterario.
Il Segretario della Tangram meranese ha voluto dare atto che « gran parte del successo ottenuto dall’iniziativa è da ascrivere al libro e alla capacità di attirare il lettore fino all’ultima pagina » (lettera 4 maggio 98 del prof. Baccin al prof. Bravi).
Ora il Wolkenstein che parla italiano – come del resto lo parlava nella sua terra, bilingue allora non meno di adesso – viaggia allegramente in internet. Sarà la più lunga delle peregrinazioni del poeta giramondo. E sulla scia di lui, con alterna fortuna, il nostro libro guadagnerà nuovi lettori.
Silvano Valenti
Presso il Gruppo di Studio AVSER, sono disponibili ancora poche copie del volume.
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