di Luigi
Tallarico in ‘Terza Pagina’ di « Nuovo Fronte »,
(Trieste, 4
dicembre 1992 - xxii).
EZRA POUND
in un disegno di Whindham Lewis
Nel
novembre di vent’anni orsono cessava di vivere, a Venezia, Ezra Pound. il
grande poeta amico dell’Italia e soprattutto grande estimatore di Mussolini. « Credo – ha
scritto in “Jefferson e/o Mussolini” – che nessun giudizio su Mussolini
potrà essere corretto se non si tien conto della sua passione costruttrice. Consideratelo
un artifex e tutti i particolari troveranno il loro posto. Prendetelo
per qualsiasi altra cosa salvo che per un artista e vi impantanerete nelle contraddizioni. O perderete un sacco di tempo per scoprire che la sua personalità non si
conforma ai vostri particolari preconcetti e alle vostre particolari teorie ».
Nel
novembre di quarantasette anni orsono cessa anche la « crudele » detenzione del Poeta nella « gabbia
da gorilla » in cui la Disciplinary Training Center americana
l’aveva rinchiuso a Coltano (Pisa) come criminale di guerra. La
gabbia – due metri per due –
era stata realizzata appositamente per il
Poeta ed era fatta di ferro e legno, era recintata da una pesante rete
metallica. Con un tetto di carta catramata e un pavimento cementato, che
esponeva il prigioniero alle intemperie; « bruciato
dal sole, bagnato dalla pioggia, illuminato notte e giorno da grandi fari ». Nel mese
di novembre del 1945 veniva trasferito in America e – senza che gli venisse fatto il processo
– rinchiuso per dodici anni nei manicomi criminali, in un primo momento destinato a Howard Hall e
in appresso al St. Elisabeth a Washington, « in una corsia senza
finestre, le porte inlucchettate perché qui erano confinati
i pazzi criminali ».
Come ha scritto Piero Sanavio « alcuni pazzi vagavano urlando, le braccia dietro la schiena, strette nei
lacci della camicia di contenzione. Rimase
in quella corsia ( il “ buco
d’inferno ” come lo
chiamava) per un anno e mezzo e letteralmente per quell’anno
e mezzo non vide il sole. I rari
visitatori non potevano restare con lui più di quindici minuti e solo in
presenza di una guardia. In quel mondo di continuo
inverno, pareti bianco sporco sotto gli occhi accecanti
delle lampadine, del tutto isolato dal mondo, le ore
segnate dalle urla, le bestemmie e i singhiozzi dei
pazzi, adesso Pound tornava ad essere preda di angosce, vittima
di paure, preda di attacchi di claustrofobia. Temeva
di cadere, farsi travolgere dal perenne buio ».
Anche
se
in
quell’inferno il Poeta scriverà i « Pisan
Cantos »,
per
i
quali riceverà quattro anni dopo l’internamento, l’importante premio Bollinger,
in effetti uscirà da quella crudele vendetta « democratica » segnato
nel corpo e nella mente, sicché da allora non vorrà o non gli
riuscirà di parlare. La vendetta dei rooseveltiani del dipartimento di Stato, violando la Costituzione e le
leggi america-ne, fu «
crudele ed eccezionale », come
disse Hemingway, avendo ragione dell’intelligenza di un grande Poeta. Ma anche
nel pensiero di quel lucido economista politico che aveva avuto il torto di
criticare la
politica economica di Theodore Dentatus
Roosevelt, considerato di « valore » pari
« al venti per cento di un Mussolini » e di parlare liberamente di economia e
dell’usura americana alla ra-dio del dittatore nemico!
In effetti è stata proprio la Camera dei
deputati americana che, attraverso l’on. Usher L. Eurdich ha messo sotto accusa la violazione della legge
per la «
detenzione di un
prigioniero civile, protratta per il lungo periodo di sei mesi
senza giudizio, senza consulente legale,
senza il diritto di
libertà provvisoria dietro
cauzione e di un processo rapido ». L’accusa
– come è stato detto – avrebbe dovuto porre in maggior rilievo i seguenti
fatti:
1)
Pound non fu mai membro del Partito
fascista, né in alcun modo ad esso affiliato. Ammirava
Mussolini e fu attratto dalle idee che Mussolini trasmise al Fascismo.
2)
A
Pound
non
era
stato
chiesto di parlare alla
radio; fu egli a voler continuare le trasmissioni,
iniziate diverso tempo prima di Pearl Harbour.
3) Le Autorità italiane
– è stato detto
– non vedevano
di buon occhio, ma si decisero a tollerare questo « eccentrico » e per loro assai incomprensibile
gesto dell’illustre letterato americano.
Il Fascismo non pretese che Pound –
al quale fu data la più ampia libertà – si mettesse contro il proprio Paese in
guerra, come invece è avvenuto con i « prezzolati » e i « venduti » ciarlieri di Radio Lon-dra
e Radio Libera americana.
4) D’altra parte Pound richiese alle
Autorità italiane che la sua lealtà di cittadino americano non venisse compromessa. Come ha scritto « Washington
Star » del 7.11.1956, « egli
parlava da pa-triota americano, per gli Stati Uniti e la loro Costituzione, che
egli vedeva messa in pericolo dal governo di Roosevelt ».
5) Come ha scritto il « Who’s
Who » nel 1957 « Pound
continuò a
parlare da
Radio Roma dopo Pearl Arbour a condizione di non dover mai dire nulla
che fosse
contrario ai
suoi doveri
di cittadino
americano, condizione rispettata dal Governo italiano ».
Infine l’on.
Ushar ha ribadito che « chi
conosce il lavoro
di Pound e la sua politica si rende subito conto
che le trasmissioni sono sue.
Ogni anno che passa
risalta con maggior evidenza l’esattezza delle sue opinioni.
L’idea che un
poeta americano sia riuscito ad impossessarsi di un microfono nemico per suo
proprio uso, senza dubbio non può venire in mente a chi
non sa distinguere tra italiani e tedeschi. Ancora
oggi molta gente
è sbalordita all’idea che Pound sia riuscito a
ottenere una libertà di parola alla radio,
che non gli sarebbe
stata concessa qui, sotto l’amministrazione rooseveltiana». Oggi
che
il
suo
pensiero risulta vincente, e
vincente l'ideologia fascista, il nostro ricordo di Ezra Pound è legato a
quella sua coraggiosa difesa, anche in tempo di guerra, della
concezione italiana che, senza tradire la patria americana, conferma quel
valore di libertà, non in uso – come ha detto l’on. Usher
– nella patria della democrazia.
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