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martedì 7 gennaio 2014

Parole d'Oro: il Cucco


La famiglia del cucco
Non tutti hanno un rapporto equilibrato con il danaro. C'è chi lo spende come spenderebbe il pensiero   che è inesauri­bile   e chi in­vece fa economie sballate, come andare al la­voro in auto per risparmiare il biglietto del tram. Quando si taglia nelle spese minute e si lar­gheggia nel resto, i fiamazzi dicono tegnir da la spina e molar dal caocon, da intendere: ‘stringere la spina della botte e spillare allegramente il vino togliendo lo zaffo’. Il detto è ben noto dal Veneto all'Engadina.
Il caocón – occorre spiegarlo? – è il tappo della botte o del tino, fatto di legno a tronco di cono e av­volto in tela o canovac­cio. In buona lingua si chiama cocchiume, parola nobile, ma non così espressiva come la fiamazza.
Caocón viene da cucco e ci riporta a età immemorabile: infatti si defi­nisce "più vecchio del cucco" tutto ciò che sfida il tempo e la pazienza della gente. Cucco vuol dire 'cucuzzolo' e ha dato il nome a Montecuccoli, a Moncucco / Guggen-berg e a vari Cucal che sono montagnole a forma di polenta. Un tempo il Cücal di Tesero do­veva essere tondo come quello di Anterivo che pare appena scodellato da un enorme paiolo.
La parola cüco nel senso di 'cuculo' viene in­vece dal richiamo del maschio, dall'insistente "cucù" che risuona canzonatorio quando ci troviamo di­sorientati nel bosco.
Secondo un antico pregiudi­zio, il cuculo occupa il nido altrui e per questo una volta si di­ceva «'l va cüco» se un tale si ammo­gliava e andava a vivere in casa della sposa.
Da cucco a ciucca il passo è breve. Dalle Venezie ciucca si è diffuso in tutta Italia a significare ‘sbornia’.
In Fiemme chi fa la ciüca di festa, e ma­gari pure di sabato, si chiama ciüchèra.
Stando all'etimologia il ciüchera dovrebbe essere imbevuto d'acqua. Invece, lui, l'acqua non la vuol vedere né scritta né dipinta: "infradicia i ponti", dice, "arrugginisce la secchia", insomma fa male e, per contro, il vino esalta la personalità e il senso del dominio. Infatti, quando è in cimbali si sente sicuro, tiene per sé tutta la strada, pendolando da un bordo all'altro.
Già nel suono della parola il ciüchera ha un non so che di solenne e ri­sveglia reminiscenze classiche: me lo figuro ornato di pampini e ghirlandette, scortato da due compari anche loro alticci e canterini.
La solennità gli è conferita dall'efficacia espressiva del voca­bolo, in spe­cie dalla terminazione -èra, degna d'un grande di Spagna.
In passato la gente era devota a Bacco molto più di oggi come conferma una ricca terminologia: accanto all’usuale voce ubriaco, la tradizione allinea sinonimi pittoreschi in parte desueti. Nella lingua comune ve ne sono una cinquantina più un buon numero di locuzioni. Fra i più pregnanti: cotto, concio, incagnato, spran­ghetto, imballato, pinzo, imbronzinato, ciuschero, trincone, ciuschero, in bernecche, alla banda, in gloria, in scilloria.
Nel fiamazzo ne trovo assai meno. Accanto al già ricordato ciüchèra che richiama ciütera, la fiasca (che ben si accorda con ciucciare e chi troppo ciuccia prende la ciucca) troviamo embriaghèra stemperato poi, con una punta di indulgenza, in ‘mbriaghèla che va col toscano bria’ella. Oltre alle varianti ciüchetón ed embriagón non trovo altri sinonimi nel dialetto.

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