« Se si trattasse di fissare, senz’altro riguardo, il confine naturale tra
Germania e Italia dalla parte del Tirolo, ognuno dovrebbe ravvisarlo nelle alte
giogaie del Brennero ».
Antonio Gazzoletti, La
questione del Trentino, Milano 1860, pg.
38.
Il confine alla Vetta d’Italia
nel pensiero di Cesare Battisti
di Silvano Valenti
Si continua ad affermare che Cesare Battisti
fu decisamente contrario al confine d’Italia al Brennero. È un luogo comune
coltivato da marxisti, guelfi e neo-nazisti che allo scopo alterano
grossolanamente la verità. Che certi politici facciano carte false è ormai
universalmente risaputo; ma, batti e ribatti, un’asserzione zoppa diventa dogma
e tutti sono costretti a credere o a fingere di credere.
C’è chi riesce addirittura a costruire la
menzogna con la verità. Così in un recente volume edito dalle Pie Suore
Paoline, troviamo le seguenti affermazioni di Battisti maliziosamente espiantate
dal contesto: «Certi italiani confondono facilmente il Tirolo col
Trentino e con poca logica vorrebbero i confini d’Italia estesi fino al
Brennero […] era da stolti vantare diritti su Bolzano e su Merano»
1. Ebbene la prima affermazione, oltretutto inesatta rispetto all’originale,
riflette il pensiero del Battisti .autonomista
nel 1895 e non del Battisti irredentista 2; così anche la seconda, pronunciata
nel 1901 con riferimento alla «realtà del presente» 3.
Anni fa, a sostenere l’asserito salornismo
di Battisti intervenne un acconcio «infortunio tecnico»:
nell’epistolario battistiano curato da due esponenti marxisti, sparì una frase
in cui si accennava alla Vetta d’Italia. Era in una lettera inviata alla moglie
Ernesta, nell’estate del ’15, dal fronte del Tonale. Ecco il brano reintegrato:
«Ho più forte che non avessi alla
vigilia della guerra, la convinzione che il germanesimo sarà debellato. Ho solo
paura che i sentimenti umanitari dei latini (c’è per fortuna il contrappeso
inglese) concedano la pace prima dell’esaurimento della razza tedesca e ci
riservino di dovere, fra due o tre anni, rispondere a qualche aggressione dei
discendenti di Arminio. Ma allora sarà il ‘finis finium’. Ed io, non su
queste balze, ma presso la Vetta d’Italia, avrò vicino mio figlio».
La frase in grassetto, nella edizione
nazionale citata a nota 2, è quella espunta nell’edizione curata dallo
‘storico’ marxista. Il quale per giunta insinua in nota che altri avevano
apportato al testo «qualche modificazione» 4. In tal modo il lettore in buona
fede è indotto a credere che il testo sia stato manomesso non da chi ha
soppresso la frase, ma chi l’ha fedelmente riportata 5. Se si pensa che la
storia contemporanea – somministrata dalla sconfitta del ’45 ad oggi attraverso
i libri scolastici e i mezzi d’informazione di massa – è stata setacciata,
‘riveduta e corretta’ dai marxisti c’è da tremare… .
Inoltre nel nuovo Epistolario, è
inserito un brano di lettera indirizzata a Salvemini – autore del Delenda
Austria – lettera da ritenere apocrifa anche per rilevanti incongruenze.
Nel ‘documento’, datato 1° gennaio 1915, si definisce «il confine
linguistico puro, a Salorno, assai buono» 6, in contraddizione con quanto
dichiarato da Battisti a Milano neanche due settimane dopo: «…giacché il
territorio che è alle spalle del Trentino costituente la regione dell’Alto
Adige, fa parte dell’Italia naturale… [il confine] sarà formidabile se arriverà
alla grande catena alpina dal Passo di Resia, al Brennero, a Toblacco» 7.
Di rincalzo ai mistificatori marxisti e
clericali operano i neo-nazisti ‘italiani’ in cerca di propaganda che mi guardo
bene dal far loro; strani neo-nazisti che da Bolzano, da Saluzzo e da Trapani
sostengono con la loro rozza professione salornistica i deliri della valchiria
Eva Klotz, la più superba bellezza mediterranea che l’Alto Adige abbia donato
al germanesimo che li invasa. Strani, dico, per non dir peggio, essendo ignari
– questi pezzi d’ignoranti – che il loro beneamato Führer si è sempre
opposto all’arretramento del confine d’Italia a Salorno 8.
Con le esplicite attestazioni di Battisti
che rivendicano all’Italia il confine geografico alpino (non quello linguistico
puro che taglierebbe l’Adige parecchio al disotto del Tiralli dantesco)
concorda la significativa carta geografica riprodotta qui presso in estratto,
nella quale Battisti ha tracciato la linea di confine segnata dal Tolomei. In
questa carta allegata al suo già citato Trentino il limite
etno-linguistico taglia l’Isarco fra Chiusa e Bressanone dividendo in due parti
il Tirolo cisalpino: la parte inferiore, che comprende l’intero tratto atesino
Salorno-Resia, il basso Isarco e le valli dolomitiche, è rivendicata per
ragioni geografiche, storiche ed etnico-linguistiche; quella superiore, che
comprende l’Alto Isarco e la valle della Rienza è rivendicata solo per ragioni
geografiche. Elaborata con la serietà con cui il Battisti soleva attendere ai
lavori scientifici, questa sua carta attesta in modo inequivocabile la ferma
convinzione del Martire trentino che il giusto confine d’Italia dovesse essere
quello attuale del Brennero.
Note
1 M.
Pancera, Lorenzo Milani: quarant’anni di storia scomoda, Milano
1987, pagine 97-98. Apologia d’una
delle peggiori erbacce della vigna del Signore, di un prete marxistoide che
incitava alla ribellione e alla sovversione dei valori civili e morali.
2 A
proposito di certi «pubblicisti italiani che confondevano
troppo facilmente il Tirolo con il Trentino o, con poca logica, volevano i
confini d’Italia estesi fino al Brennero»: Antonio
Gazzoletti, Del Trentino e delle sue attinenze con l’Italia e la Germania (Milano,
1866) e C. Battisti, Scritti politici, edizione nazionale, Firenze
(Le Monnier) 1923, pg. 349.
3 Dalla
conferenza tenuta a Levico il 16 giugno 1901 per l’autonomia del Trentino nei
confini dell’Impero d’Austria. Nel contesto del brano, qui
integralmente trascritto, la frase ha un senso diverso da quello
mistificato del Pancera: «I Tedeschi non hanno diritto di opprimerci senza
rinnegare la storia loro, senza insultare la memoria del loro Tirteo, di
Teodoro Körner, dei loro martiri, dei loro padri più illustri. Per crearsi
questo diritto sapete cosa hanno pensato? Hanno inventato la favola che noi
siamo Tedeschi italianizzati e dobbiamo ritornare tedeschi. Noi, senza inventar
frottole, potremmo davvero dimostrare che la lingua nostra si spingeva un tempo
al di là di Bolzano, fino a Merano; eppure di fronte alla realtà del presente
riterremmo stoltezza il vantar diritti su Merano e Bolzano». – Scritti
politici, cit., pg. 97.
Si noti che
l’affermazione, oltre a riferirsi alla realtà del 1901, riguardava i confini
amministrativi, non i confini nazionali. Lo stesso Tolomei, che mai fu
salornista e nessuno oserebbe gabellarlo per tale, era dello stesso
avviso del Battisti. Il patriota di Gleno, eterno fautore del
confine nazionale al Brennero, ha sempre difeso il confine
amministrativo a Salorno, restando irremovibile anche dopo che il Governo
Mussolini ebbe esteso a nord il territorio provinciale includendovi il tratto
atesino oltre Salorno. Tanto da dover subire una pesante ostilità di
certi ‘fascisti’ trentini che, sotto la camicia nera, coltivavano un amore
sviscerato per la Val de Sóra annessa alla cara patriaccola trentina.
4 Edizione
degli scritti di C.B. a cura di P.Alatri e M. Monteleone, Firenze
(Nuova Italia) 1966, II, pg. 65,
n° 364. Occhio alle date: fu diffusa in luglio in
coincidenza con le concessioni aggiuntive del ‘pacchetto’ (concordate a nostro
danno fra Magnago e Moro, con la benedizione dei marxisti) e
largamente reclamizzato a Bolzano sul finire del ‘67 in concomitanza con una
preordinata campagna di ‘giovani democratici’ (=
marxisti e catto-comunisti)
contro il confine del Brennero. – a., Il solito sistema: invocano
falsandolo il pensiero di Battisti, «la Vetta d’Italia»,
1967-VIII, n° 12, pg. 2.
5 A
chiarimento, Ferruccio Bravi, reggente dell’Archivio di
Stato di Bolzano, si rivolse a Livia Battisti figlia del Martire, la quale, con
lettera 4 gennaio 1967 da Trento, rifiutò il consenso di accedere al documento
originale, ma confermò che la frase era stata espunta, attribuendone la
sparizione ad un «infortunio tecnico». Altrettanto dichiarò
l’Alatri ad un settimanale che aveva chiesto ragione del taglio. –
M. Lorandi, Manomesso l’epistolario (v.
qui a pg. 29 ) e a. «Infortunio
tecnico» definisce Alatri la soppressione della frase sul confine
alla Vetta d’Italia, «la Vetta d’Italia», 1967-VIII,
n° 3, pg. 5.
6 Trascrizione
dell’intero brano, da pg. 387 dell’edizione curata da
Alatri e Monteleone: «In merito all’Alto Adige, io penso che senza
paure si possa difendere oggi il confine napoleonico. Ho dei dubbi per un
confine più a nord. Pubblicamente non li espongo, perché non tocca a me,
irredento, togliere valore al programma massimo degli irredenti. Militarmente,
il confine del Brennero è formidabile; il confine napoleonico
piuttosto debole: il confine linguistico puro, a Salorno, assai buono.| Credo
che una difesa del territorio, qualora si andasse in Alto Adige,
si dovrebbe fare da questo confine interno abbandonando Bolzano. Ma il
giudizio è molto arrischiato». Piuttosto oscuro appare quest’ultimo
periodo: quale il ‘territorio’ da difendere,
quale il ‘confine interno’? Di battistiano riconosco solo quel
‘formidabile’ che incorre nelle attestazioni autentiche. Lorandi, nell’articolo
a pg. 25, osserva che il brano non era trascritto da «originale
controllato e controllabile», bensì «da un presunto originale che il
Salvemini affermava di possedere nel momento in cui ne rendeva noto il testo
(18 gennaio 1919), ma che non è stato mai né fotografato, né
esibito e che oggi viene comunque dichiarato irreperibile».
7 Dalla
conferenza L’italianità del Trentino e l’irredentismo italiano tenuta al
liceo “Manzoni” di Milano il 13 gennaio 1915. I
brani riguardanti l’Alto Adige sono riprodotti a pg. 22
dell’opuscolo celebrativo di Silvano Valenti, Italia al Brennero 1918-1988, Bolzano
(Centro di Studi Atesini) 1988 (III ediz.). Sta di fatto che l’iniziale
prudente propensione salornista fu ripudiata nettamente da Battisti. Basti un
passo della sua lettera del 14 ottobre.1914 a Tolomei
segnalatami da Paolo Mitolo: «[…] Brentari e Larcher mi hanno parlato del […] Salornismo. Stia tranquillo. Non sono affatto Salornista. E
capiterà presto un mio articolo in proposito». –
Epistolario, T.I, pag. 353-54,
doc. n. 275.
8 L’intangibilità
del confine al Brennero, esplicitamente proclamata da Hitler negli anni ’30,
è radicata in convinzioni anteriori all’avvento del nazionalsocialiamo.
Ne troviamo traccia nel Mein Kampf di cui giova riprodurre qualche brano
dall’edizione italiana (A. H., La mia vita - La mia
battaglia, i-ii, ediz. Bompiani, Milano
1939-1941, traduz. di Bruno Revel dell’Università
“Bocconi” di Milano):
[…] L’ultima volta, quando la nostra
infernale stampa, che se ne infischia della nazione, riuscì a dare alla
questione dell’Alto Adige un’importanza che doveva essere funesta al popolo
tedesco, senza riflettere a chi rendessero servigio, molti uomini e partiti e
associazioni cosiddette ‘nazionali’ per semplice timore della pubblica opinione
[…] si associarono al chiasso generale e
scioccamente contribuirono ad appoggiare la lotta contro un sistema che appunto
a noi Tedeschi deve apparire nella condizione presente come l’unico raggio di
luce in un mondo che tramonta. […]. – ii, cap.vi, pg. 120.
[…] Sì, Alto Adige. Se qui mi occupo appunto di
questo problema, è anche per chiamare alla resa dei conti quella svergognata
canaglia che contando sulla stupidità e la smemorataggine di nostri larghi
strati, osa simulare un’indignazione nazionale che ai nostri imbroglioni
parlamentari è più estranea di quanto sia estraneo ad una gazza il concetto di
proprietà. Faccio notare che io sono uno di coloro che, quando fu deciso il destino del Basso Tirolo, ossia dall'agosto 1914 al novembre 1918, presero posto là dove si difendeva, in pratica, anche questo
territorio: cioè nell’esercito. In quegli anni combattei
anch’io, non perché il Tirolo del Sud andasse perduto, ma
perché esso fosse, come ogni altro paese tedesco, conservato
alla patria. Quelli che allora non combatterono furono i predoni
parlamentari, tutta la canaglia politicante dei partiti […].|
Ma chi oggi crede di poter risolvere il problema dell’Alto Adige con proteste,
dichiarazioni, cortei ecc. o è un briccone o è un
piccolo borghese tedesco. […] | Non esito a dichiarare che, ora
che i dadi sono gettati, ritengo impossibile recuperare l’Alto
Adige per mezzo d’una guerra. Non solo, ma sono convinto
dell’impossibilità di infiammare per questo problema l’entusiasmo nazionale di
tutto il popolo tedesco in quella misura che è necessaria per condurre alla
vittoria. Credo invece che, se un giorno dobbiamo versare il sangue tedesco,
sarebbe delittuoso versarlo per duecentomila Tedeschi quando
sette milioni di Tedeschi languono sotto il dominio straniero. […] – ii,
cap. xiii, pg. 311 e sgg..
DOCUMENTI
1 – Ferruccio Bravi a Livia
Battisti, da Bolzano, 20 XII 1966.
2 – Livia Battisti a Ferruccio Bravi da Trento, 4 I
1967.
3 –
Ferruccio Bravi a Livia Battisti, da Bolzano, 9 I 1967.
5 - F. Bravi a L. Battisti, d.d. 16 I 1967.
Questa
lettera chiude bruscamente il carteggio sulla soppressione della frase di
Cesare Battisti in opposizione alla tesi salornistica.
6 – Articolo
di Maurizio Lorandi ne “La Vetta d’Italia”, Bolzano, 21 1 1967, anno viii,
n° 1, pg. 2.
Sulla manomissione della lettera di Cesare Battisti nell’edizione
curata dallo ‘storiografo’ marxista e su una fantomatica lettera in possesso
del Salvemini in cui sarebbero espressi ‘dubbi per un confine più a nord’
di quello napoleonico del 1810.
7 – L’Alto Adige: sezione
superiore della carta di Cesare Battisti a corredo del suo studio Il
Trentino, Novara (Istituto Geografico De Agostini) 1915.
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