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domenica 3 novembre 2013

CESARE BATTISTI E IL CONFINE AL BRENNERO - Il confine alla Vetta d'Italia


« Se si trattasse di fissare, senz’altro riguardo, il confine naturale tra Germania e Italia dalla parte del Tirolo, ognuno dovrebbe ravvisarlo nelle alte giogaie del Brennero ».

Antonio Gazzoletti, La questione del Trentino, Milano 1860, pg. 38.



Il confine alla Vetta d’Italia
nel pensiero di Cesare Battisti
di Silvano Valenti

 
Si continua ad affermare che Cesare Battisti fu decisamente contrario al confine d’Italia al Brennero. È un luogo comune coltivato da marxisti, guelfi e neo-nazisti che allo scopo alterano grossolanamente la verità. Che certi politici facciano carte false è ormai universalmente risaputo; ma, batti e ribatti, un’asserzione zoppa diventa dogma e tutti sono costretti a credere o a fingere di credere.
C’è chi riesce addirittura a costruire la menzogna con la verità. Così in un recente volume edito dalle Pie Suore Paoline, troviamo le seguenti affermazioni di Battisti maliziosamente espiantate dal contesto: «Certi italiani confondono facilmente il Tirolo col Trentino e con poca logica vorrebbero i confini d’Italia estesi fino al Brennero […] era da stolti vantare diritti su Bolzano e su Merano» 1. Ebbene la prima affermazione, oltretutto inesatta rispetto all’originale, riflette il pensiero del Battisti .autonomista nel 1895 e non del Battisti irredentista 2; così anche la seconda, pronunciata nel 1901 con riferimento alla «realtà del presente» 3.
Anni fa, a sostenere l’asserito salornismo di Battisti intervenne un acconcio «infortunio tecnico»: nell’epistolario battistiano curato da due esponenti marxisti, sparì una frase in cui si accennava alla Vetta d’Italia. Era in una lettera inviata alla moglie Ernesta, nell’estate del ’15, dal fronte del Tonale. Ecco il brano reintegrato:
«Ho più forte che non avessi alla vigilia della guerra, la convinzione che il germanesimo sarà debellato. Ho solo paura che i sentimenti umanitari dei latini (c’è per fortuna il contrappeso inglese) concedano la pace prima dell’esaurimento della razza tedesca e ci riservino di dovere, fra due o tre anni, rispondere a qualche aggressione dei discendenti di Arminio. Ma allora sarà il ‘finis finium’. Ed io, non su queste balze, ma presso la Vetta d’Italia, avrò vicino mio figlio».
La frase in grassetto, nella edizione nazionale citata a nota 2, è quella espunta nell’edizione curata dallo ‘storico’ marxista. Il quale per giunta insinua in nota che altri avevano apportato al testo «qualche modificazione» 4. In tal modo il lettore in buona fede è indotto a credere che il testo sia stato manomesso non da chi ha soppresso la frase, ma chi l’ha fedelmente riportata 5. Se si pensa che la storia contemporanea – somministrata dalla sconfitta del ’45 ad oggi attraverso i libri scolastici e i mezzi d’informazione di massa – è stata setacciata, ‘riveduta e corretta’ dai marxisti c’è da tremare… .
Inoltre nel nuovo Epistolario, è inserito un brano di lettera indirizzata a Salvemini – autore del Delenda Austria – lettera da ritenere apocrifa anche per rilevanti incongruenze. Nel ‘documento’, datato 1° gennaio 1915, si definisce «il confine linguistico puro, a Salorno, assai buono» 6, in contraddizione con quanto dichiarato da Battisti a Milano neanche due settimane dopo: «…giacché il territorio che è alle spalle del Trentino costituente la regione dell’Alto Adige, fa parte dell’Italia naturale… [il confine] sarà formidabile se arriverà alla grande catena alpina dal Passo di Resia, al Brennero, a Toblacco» 7.
Di rincalzo ai mistificatori marxisti e clericali operano i neo-nazisti ‘italiani’ in cerca di propaganda che mi guardo bene dal far loro; strani neo-nazisti che da Bolzano, da Saluzzo e da Trapani sostengono con la loro rozza professione salornistica i deliri della valchiria Eva Klotz, la più superba bellezza mediterranea che l’Alto Adige abbia donato al germanesimo che li invasa. Strani, dico, per non dir peggio, essendo ignari – questi pezzi d’ignoranti – che il loro beneamato Führer si è sempre opposto all’arretramento del confine d’Italia a Salorno 8.
Con le esplicite attestazioni di Battisti che rivendicano all’Italia il confine geografico alpino (non quello linguistico puro che taglierebbe l’Adige parecchio al disotto del Tiralli dantesco) concorda la significativa carta geografica riprodotta qui presso in estratto, nella quale Battisti ha tracciato la linea di confine segnata dal Tolomei. In questa carta allegata al suo già citato Trentino il limite etno-linguistico taglia l’Isarco fra Chiusa e Bressanone dividendo in due parti il Tirolo cisalpino: la parte inferiore, che comprende l’intero tratto atesino Salorno-Resia, il basso Isarco e le valli dolomitiche, è rivendicata per ragioni geografiche, storiche ed etnico-linguistiche; quella superiore, che comprende l’Alto Isarco e la valle della Rienza è rivendicata solo per ragioni geografiche. Elaborata con la serietà con cui il Battisti soleva attendere ai lavori scientifici, questa sua carta attesta in modo inequivocabile la ferma convinzione del Martire trentino che il giusto confine d’Italia dovesse essere quello attuale del Brennero.

Note
1 M. Pancera, Lorenzo Milani: quarant’anni di storia scomoda, Milano 1987, pagine 97-98. Apologia d’una delle peggiori erbacce della vigna del Signore, di un prete marxistoide che incitava alla ribellione e alla sovversione dei valori civili e morali.
2 A proposito di certi «pubblicisti italiani che confondevano troppo facilmente il Tirolo con il Trentino o, con poca logica, volevano i confini d’Italia estesi fino al Brennero»: Antonio Gazzoletti, Del Trentino e delle sue attinenze con l’Italia e la Germania (Milano, 1866) e C. Battisti, Scritti politici, edizione nazionale, Firenze (Le Monnier) 1923, pg. 349.
3 Dalla conferenza tenuta a Levico il 16 giugno 1901 per l’autonomia del Trentino nei confini dell’Impero d’Austria. Nel contesto del brano, qui integralmente trascritto, la frase ha un senso diverso da quello mistificato del Pancera: «I Tedeschi non hanno diritto di opprimerci senza rinnegare la storia loro, senza insultare la memoria del loro Tirteo, di Teodoro Körner, dei loro martiri, dei loro padri più illustri. Per crearsi questo diritto sapete cosa hanno pensato? Hanno inventato la favola che noi siamo Tedeschi italianizzati e dobbiamo ritornare tedeschi. Noi, senza inventar frottole, potremmo davvero dimostrare che la lingua nostra si spingeva un tempo al di là di Bolzano, fino a Merano; eppure di fronte alla realtà del presente riterremmo stoltezza il vantar diritti su Merano e Bolzano». – Scritti politici, cit., pg. 97.
Si noti che l’affermazione, oltre a riferirsi alla realtà del 1901, riguardava i confini amministrativi, non i confini nazionali. Lo stesso Tolomei, che mai fu salornista e nessuno oserebbe gabellarlo per tale, era dello stesso avviso del Battisti. Il patriota di Gleno, eterno fautore del confine nazionale al Brennero, ha sempre difeso il confine amministrativo a Salorno, restando irremovibile anche dopo che il Governo Mussolini ebbe esteso a nord il territorio provinciale includendovi il tratto atesino oltre Salorno. Tanto da dover subire una pesante ostilità di certi ‘fascisti’ trentini che, sotto la camicia nera, coltivavano un amore sviscerato per la Val de Sóra annessa alla cara patriaccola trentina.
4 Edizione degli scritti di C.B. a cura di P.Alatri e M. Monteleone, Firenze (Nuova Italia) 1966, II, pg. 65, 364. Occhio alle date: fu diffusa in luglio in coincidenza con le concessioni aggiuntive del ‘pacchetto’ (concordate a nostro danno fra Magnago e Moro, con la benedizione dei marxisti) e largamente reclamizzato a Bolzano sul finire del ‘67 in concomitanza con una preordinata campagna di ‘giovani democratici’ (= marxisti e catto-comunisti) contro il confine del Brennero. – a., Il solito sistema: invocano falsandolo il pensiero di Battisti, «la Vetta d’Italia», 1967-VIII, n° 12, pg. 2.
5 A chiarimento, Ferruccio Bravi, reggente dell’Archivio di Stato di Bolzano, si rivolse a Livia Battisti figlia del Martire, la quale, con lettera 4 gennaio 1967 da Trento, rifiutò il consenso di accedere al documento originale, ma confermò che la frase era stata espunta, attribuendone la sparizione ad un «infortunio tecnico». Altrettanto dichiarò l’Alatri ad un settimanale che aveva chiesto ragione del taglio. M. Lorandi, Manomesso l’epistolario (v. qui a pg. 29 ) e a. «Infortunio tecnico» definisce Alatri la soppressione della frase sul confine alla Vetta d’Italia, «la Vetta d’Italia», 1967-VIII, n° 3, pg. 5.
6 Trascrizione dell’intero brano, da pg. 387 dell’edizione curata da Alatri e Monteleone: «In merito all’Alto Adige, io penso che senza paure si possa difendere oggi il confine napoleonico. Ho dei dubbi per un confine più a nord. Pubblicamente non li espongo, perché non tocca a me, irredento, togliere valore al programma massimo degli irredenti. Militarmente, il confine del Brennero è formidabile; il confine napoleonico piuttosto debole: il confine linguistico puro, a Salorno, assai buono.| Credo che una difesa del territorio, qualora si andasse in Alto Adige, si dovrebbe fare da questo confine interno abbandonando Bolzano. Ma il giudizio è molto arrischiato». Piuttosto oscuro appare quest’ultimo periodo: quale il ‘territorio’ da difendere, quale il ‘confine interno’? Di battistiano riconosco solo quel ‘formidabile’ che incorre nelle attestazioni autentiche. Lorandi, nell’articolo a pg. 25, osserva che il brano non era trascritto da «originale controllato e controllabile», bensì «da un presunto originale che il Salvemini affermava di possedere nel momento in cui ne rendeva noto il testo (18 gennaio 1919), ma che non è stato mai né fotografato, né esibito e che oggi viene comunque dichiarato irreperibile».
7 Dalla conferenza L’italianità del Trentino e l’irredentismo italiano tenuta al liceo “Manzoni” di Milano il 13 gennaio 1915. I brani riguardanti l’Alto Adige sono riprodotti a pg. 22 dell’opuscolo celebrativo di Silvano Valenti, Italia al Brennero 1918-1988, Bolzano (Centro di Studi Atesini) 1988 (III ediz.). Sta di fatto che l’iniziale prudente propensione salornista fu ripudiata nettamente da Battisti. Basti un passo della sua lettera del 14 ottobre.1914 a Tolomei segnalatami da Paolo Mitolo: «[…] Brentari e Larcher mi hanno parlato del […] Salornismo. Stia tranquillo. Non sono affatto Salornista. E capiterà presto un mio articolo in proposito». Epistolario, T.I, pag. 353-54, doc. n. 275.

8 L’intangibilità del confine al Brennero, esplicitamente proclamata da Hitler negli anni ’30, è radicata in convinzioni anteriori all’avvento del nazionalsocialiamo. Ne troviamo traccia nel Mein Kampf di cui giova riprodurre qualche brano dall’edizione italiana (A. H., La mia vita - La mia battaglia, i-ii, ediz. Bompiani, Milano 1939-1941, traduz. di Bruno Revel dell’Università “Bocconi” di Milano):
[…] L’ultima volta, quando la nostra infernale stampa, che se ne infischia della nazione, riuscì a dare alla questione dell’Alto Adige un’importanza che doveva essere funesta al popolo tedesco, senza riflettere a chi rendessero servigio, molti uomini e partiti e associazioni cosiddette ‘nazionali’ per semplice timore della pubblica opinione […] si associarono al chiasso generale e scioccamente contribuirono ad appoggiare la lotta contro un sistema che appunto a noi Tedeschi deve apparire nella condizione presente come l’unico raggio di luce in un mondo che tramonta. […]. ii, cap.vi, pg. 120.
[…] Sì, Alto Adige. Se qui mi occupo appunto di questo problema, è anche per chiamare alla resa dei conti quella svergognata canaglia che contando sulla stupidità e la smemorataggine di nostri larghi strati, osa simulare un’indignazione nazionale che ai nostri imbroglioni parlamentari è più estranea di quanto sia estraneo ad una gazza il concetto di proprietà. Faccio notare che io sono uno di coloro che, quando fu deciso il destino del Basso Tirolo, ossia dall'agosto 1914 al novembre 1918, presero posto là dove si difendeva, in pratica, anche questo territorio: cioè nell’esercito. In quegli anni combattei anch’io, non perché il Tirolo del Sud andasse perduto, ma perché esso fosse, come ogni altro paese tedesco, conservato alla patria. Quelli che allora non combatterono furono i predoni parlamentari, tutta la canaglia politicante dei partiti […].| Ma chi oggi crede di poter risolvere il problema dell’Alto Adige con proteste, dichiarazioni, cortei ecc. o è un briccone o è un piccolo borghese tedesco. […] | Non esito a dichiarare che, ora che i dadi sono gettati, ritengo impossibile recuperare l’Alto Adige per mezzo d’una guerra. Non solo, ma sono convinto dell’impossibilità di infiammare per questo problema l’entusiasmo nazionale di tutto il popolo tedesco in quella misura che è necessaria per condurre alla vittoria. Credo invece che, se un giorno dobbiamo versare il sangue tedesco, sarebbe delittuoso versarlo per duecentomila Tedeschi quando sette milioni di Tedeschi languono sotto il dominio straniero. […]ii, cap. xiii, pg. 311 e sgg..


DOCUMENTI
 
1 – Ferruccio Bravi a Livia Battisti, da Bolzano, 20 XII 1966.

2 – Livia Battisti a Ferruccio Bravi da Trento, 4 I 1967.

 
3 – Ferruccio Bravi a Livia Battisti, da Bolzano, 9 I 1967.

4 – Livia Battisti a Ferruccio Bravi, da Trento, s. d.

 

5 - F. Bravi a L. Battisti, d.d. 16 I 1967.
Questa lettera chiude bruscamente il carteggio sulla soppressione della frase di Cesare Battisti in opposizione alla tesi salornistica.

 
6 Articolo di Maurizio Lorandi ne “La Vetta d’Italia”, Bolzano, 21 1 1967, anno viii, n° 1, pg. 2.
Sulla manomissione della lettera di Cesare Battisti nell’edizione curata dallo ‘storiografo’ marxista e su una fantomatica lettera in possesso del Salvemini in cui sarebbero espressi ‘dubbi per un confine più a nord’ di quello napoleonico del 1810. 


7 – L’Alto Adige: sezione superiore della carta di Cesare Battisti a corredo del suo studio Il Trentino, Novara (Istituto Geografico De Agostini) 1915.

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