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venerdì 14 ottobre 2011

Antichi testi in volgare fra l'ottavo e il tredicesimo secolo - Ferruccio Bravi




PER SORTE singolare la prima vera poesia in volgare nostro è maturata in una corte straniera, quella di Federico II a Palermo, in una estrema isola, crogiolo delle culture più disparate: latina, neogreca, araba, franco-normanna. Qui e non altrove si è finalmente compiuto quel superamento del latino che non poteva compiersi dal basso, bensì per mediazione aristocratica in ambiente colto e raffinato. L'uso del dialetto, nel pratico intento di rendere più spediti i banali rapporti quotidiani - rapporti di lavoro artigianale o di commercio spicciolo - aveva inaridito le radici del neolatino: di qui l'impoverirsi dell'espressione e il proliferare delle parlate locali. 
La coesistenza con la lingua latina, coltivata nell'ambiente aulico, dette invece naturale linfa al volgare che sarebbe presto diventato lingua letteraria e infine lingua di tutto un popolo. Per lo stesso motivo fu benefico l'incontro con la lirica di Provenza, poesia regionale assurta a dimensione europea in virtù della vitale carica di latinità del volgare che l'aveva espressa. Soltanto nella continuità latina ciò che dal latino è nato può vivere e rinnovarsi nel tempo. Questa è una certezza, valida oggi non meno di allora, al di là delle mode e delle scelte di comodo.


INDICE

5 - Ricordo di Orengo
7 - LA CARTA CAPUANA
10 - L'INDOVINELLO VERONESE 
14 - LA <<TRADITIO DE CAMPO GELAU>>
16 - IL PRIVILEGIO LOGUDORESE
18 - L'OMELIA LADINA
21 - IL "FUMETTO" DI SAN CLEMENTE
24 - I TESTI PRELETTERARI
28 - L'ALBA DELLA POESIA ITALIANA
35 - Bibliografia



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