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sabato 11 marzo 2017

Intervista rurale. La voce di un agricoltore

Dopo il nostro primo articolo riguardante l'agricoltura nazionale (L'ultima ruota del carro: l'Agricoltura italiana), in cui abbiamo esaminato le varie problematiche che la riguardano, proseguiamo il nostro “percorso agrario” pubblicando un'intervista ad un giovane agricoltore locale, con l'obbiettivo non solo di approfondire il discorso intrapreso, ma anche di dar voce ad un vivo protagonista del settore. Un'intervista importante, dove si racconta e si mostra il volto reale del nostro comparto agricolo attraverso gli occhi di un suo protagonista, la cui attività spazia dalla coltivazione orto-frutticola, all'allevamento di bestiame da carne, toccando quasi a 360 gradi le varie branche del settore primario. Non, come ci è recentemente capitato di leggere, di un filologo-contadino (Niccolò, contadino e filologo) che porta avanti l'azienda ereditata dal padre tra una lezione universitaria e l'altra, leggendo passi di Virgilio e beandosi del solerte aiuto di manodopera sub-sahariana. Qui non si parla di agriturismi, di agricoltura sociale per anime belle, né di particolarità gastronomiche, ma della dura realtà dei coltivatori diretti. E lo si fa con parole semplici, ma che pesano e incidono, costringendo tutti quanti ad un amara, ma necessaria, riflessione su di un mondo sommerso che non vuole, non deve, scomparire.

Gruppo di Studio AVSER


INTERVISTA RURALE

LA VOCE DI UN AGRICOLTORE

1) Per prima cosa vorremmo chiederti di presentarci brevemente la vostra azienda?

Siamo un piccola azienda agricola. Gestiamo 13 ettari, di cui 2 ettari di proprietà e gli altri in affitto. Nei terreni di proprietà coltiviamo ortaggi, sia in pieno campo che in serre/tunnel, abbiamo un piccolo frutteto, alcune arnie da cui ricaviamo una piccola produzione di miele e la nuova stalla dove vengono allevati vitelli da ingrasso e maiali. Alleviamo anche animali di bassa corte come polli e conigli. Negli ettari in affitto coltiviamo invece foraggi e cereali per l'alimentazione del bestiame. Titolare dell'azienda agricola è mio padre, come coltivatore diretto, mentre io e mio fratello siamo coadiuvanti familiari.

2) Attraverso quali canali vendete i prodotti dell'azienda?

Abbiamo un piccolo spaccio aziendale in cui effettuiamo la vendita diretta dei nostri prodotti orto-frutticoli, della carne e degli insaccati. Diciamo che è il nostro principale canale di distribuzione, su cui abbiamo puntato molto perché ci garantisce un miglior margine di guadagno. Serviamo anche il vicino mercato orto-frutticolo di Lido di Camaiore (prov. di Lucca) ed un grossista che lavora per la grande distribuzione organizzata. Due canali che ci servono per evitare rimanenze o smistare eccedenze di produzione e di cui usufruiamo soltanto per il reparto orto-frutticolo.

3) Sappiamo che avete fatto alcuni ampliamenti interni, tra cui l'edificazione della nuova stalla per bovini e suini di cui ci parlavi poco prima. Quali e quante sono state le difficoltà incontrate per intraprendere i lavori?

L'idea della nuova stalla è nata a dicembre 2015. Più che altro per rinnovare i ricoveri degli animali, oramai vecchi e scomodi. Le difficoltà sono iniziate subito. Dopo la prima visita in comune per richiedere cosa fosse necessario secondo il piano regolatore per l'avviamento del progetto, sono passati più di due mesi di totale silenzio da parte delle amministrazioni. Allora il nostro geometra si è informato autonomamente presso il P.R.G.C. ed ha poi presentato in via informale un disegno del progetto. Ancora un altro mese di silenzio e a marzo il geometra ha inviato agli uffici preposti il progetto ufficiale. Altri due mesi di silenzio. E siamo già a maggio inoltrato. Quindi passati i sessanta giorni dalle presentazione del progetto questo viene approvato per tacito assenso. Il geometra va così a colloquio con i tecnici del comune, ma dopo poco tempo riceviamo una lettera che c'informa che il progetto non è realizzabile. Il motivo del rifiuto dipendeva dal parere del responsabile dell'ufficio tecnico, secondo cui il piano regolatore nella parte generale prevedeva che la realizzazione dei fabbricati rurali dovesse seguire alcune norme che non erano riportate nella parte specifica del piano per le sotto zone, in cui il territorio comunale è suddiviso. Per i tecnici e il nostro geometra invece il problema non c'era. Per risolvere la questione è stato necessario chiedere il parere di chi aveva scritto il piano regolatore. Dopo circa un mese arriva finalmente il parere positivo. Ma non è ancora possibile dare avvio ai lavori. Ci siamo ritrovati costretti a sollecitare conoscenze all'interno del comune per arrivare ad una conclusione che, tra il caldo e le ferie, è arrivata ad agosto inoltrato. Passati più di otto mesi abbiamo potuto finalmente dare avvio ai lavori di costruzione. Ma per trovare un giusto coordinamento tra muratori, ingeneri, fabbri etc etc il lavoro si è dilungato oltre. Soltanto poco prima del natale 2016 siamo riusciti a concludere la stalla.

4) Per quale motivo avete usufruito degli incentivi messi a disposizione dal piano di sviluppo rurale (P.S.R.)?

Abbiamo scelto di non usufruire di piani di miglioramento aziendali o contributi vari per alcuni motivi. Per prima cosa i bovini avrebbero dovuto occupare almeno il 30% del reddito aziendale. Ma essendo la nostra un'azienda agricola multifunzionale, in cui le colture orticole prevalgono, questo non sarebbe stato possibile. Il sindacato ci consigliò allora di dividere l'azienda: una esclusivamente zootecnica, l'altra orto-frutticola. Questo ci avrebbe permesso di usufruire dei contributi, creando però altri notevoli problemi. Per esempio lo spaccio aziendale avrebbe dovuto esser intestato ad una delle due aziende. L'altra azienda sarebbe stata così obbligata a fatturare i suoi prodotti a quella con lo spaccio per poterli vendere al pubblico. Questo avrebbe generato un'enorme complicazione interna, senza contare che avremmo dovuto tenere una doppia amministrazione contabile e altro ancora. Ma quello che ci ha frenato di più è il fatto di essere troppo vincolati. Avremmo dovuto mantenere gli standard richiesti per almeno 5 anni; non solo allevare bovini senza poter cambiare produzione ma anche aumentarne il numero. Sarebbe stato un rischio troppo grande per una piccola azienda. Avremmo inoltre dovuto rispettare una tabella di marcia per la realizzazione dei miglioramenti fondiari, ma anche qui il rischio era alto vista la velocità di rilascio di permessi e autorizzazioni. Rischiavamo di vederci sospendere il finanziamento alla prima infrazione e di metterci nei guai con le banche visto che sono loro che li erogano. È il solito modo di far lavorare le banche e la finanza sulle nostre spalle e di metterti nella condizione in cui, in sostanza, non sei più il direttore della tua azienda.

5) A vostro parere, quali sono i fattori che rallentano e rendono più difficoltoso lo svolgimento della vostra attività?

Sicuramente l'incompetenza. E parlo sia di chi fa le leggi che di chi controlla che vengano rispettate. Le norme sono troppo interpretabili. Gli organi di controllo da una provincia all'altra fanno applicare in modo diverso le stesse leggi e addirittura all'interno degli organi stessi vi sono persone che le interpretano, tante volte, in modo soggettivo. Senza contare che la tendenza è quella di obbligare il cittadino a farsi carico di compiti che prima erano di competenza degli enti pubblici. E questa non è responsabilizzazione, ma un altro carico sulle nostre spalle. Un peso che porta via tempo e concentrazione a discapito del nostro lavoro. Per un'azienda come la nostra i piani di autocontrollo, i quaderni di campagna, i registri di carico e scarico, i moduli del bestiame e del macello... ci caricano di responsabilità senza poi ottenere nessun vantaggio. Alla fine ci ritroviamo a compilare una marea di fogli, a cercare di far quadrare il tutto a tavolino per evitare sanzioni e per accontentare chi ci controlla, invece di curare le coltivazioni o il bestiame. Perché purtroppo la realtà è che se vuoi rispettare tutte le regole imposte, finisci per non lavorare, tanto in agricoltura quanto nelle altre realtà lavorative. Secondo me l'incompetenza, l'eccessiva burocrazia e gli eccessivi oneri a carico di chi lavora sono il cancro del nostro sistema produttivo.


6) Si parla tanto dei giovani in agricoltura. Tu che fai parte di questa categoria consiglieresti ad un tuo coetaneo d'intraprendere la vita dell'agricoltore?

Partendo dal niente no. Se non hai una solida base economica o un'attività già strutturata è veramente difficile intraprendere la vita dell'agricoltore, visti anche e soprattutto i risicati margini di guadagno. Senza contare, come dicevo, di tutte le responsabilità che ricadono su di noi e specialmente per chi lavora nel settore dell'alimentazione umana. Poi bisogna tener conto che se non hai una innata passione e non sei disposto a lavorare dalla mattina alla sera, senza domeniche, senza straordinari, senza ferie, è difficile riuscire ad ottenere qualche risultato. L'agricoltura non è per tutti e richiede una certa capacità imprenditoriale, attenzione nelle spese, negli investimenti, soprattutto oggi con il mercato che cambia così velocemente e una dedizione ed uno spirito di sacrificio non comuni.

7) Secondo il tuo punto di vista cosa andrebbe cambiato per ridare slancio all'agricoltura italiana?

Per prima cosa lasciarci lavorare. Il nostro lavoro richiede tempo e cure. Non possiamo perderci troppo dietro valanghe di scartoffie. È giusto che il consumatore sia tutelato, ma a questo dovrebbero pensare lo stato e gli enti preposti. Questo carico non può gravare troppo sull'agricoltore. Poi non è solo un fatto di tempo ma anche di costi: analisi, controlli, consulenze, precauzioni incidono sulle spese. Senza contare che il mercato comunitario ci ha letteralmente ammazzato: è un'assurdità che all'interno della stessa comunità europea ci si faccia una simile concorrenza sleale. Com'è possibile che bovini da ingrasso comprati in Francia, allevati in Spagna e macellati in Italia costino meno di quelli nati, allevati e macellati in Italia? Sarebbe necessaria una migliore regolamentazione del mercato comunitario e una più forte presa di posizione da parte del nostro governo per tutelare gli interessi italiani. In Francia, viaggiando, ho visto una realtà agricola molto simile a quella italiana di qualche decennio fa, fatta di piccole aziende che allevano anche pochi capi di bestiame, quasi a livello amatoriale e che tuttavia riescono ad ottenere pur sempre dei margini di guadagno. Ed è ancora possibile incontrare le figure dei mediatori che hanno a cuore la tutela del mercato interno, i quali si guardano bene dall'abbassare troppo i prezzi, non solo per non rovinare così la propria clientela, ma un intero indotto economico.


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