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mercoledì 19 ottobre 2016

Recensione su "Craxi. L'ultimo statista italiano" di Francesco Carlesi

Craxi. L'ultimo statista italiano di Francesco Carlesi


Fa un certo effetto leggere i quotidiani di questi ultimi giorni o ascoltare i radio giornali per constatare come il ministro Alfano, al consiglio europeo, abbia lamentato il completo abbandono in cui l'Italia è lasciata alle prese con le sempre più incessanti ondate migratorie provenienti dall'Africa. Ed altrettanto sentire il Presidente della Repubblica parlare di “strategia verso il Mediterraneo” durante la cerimonia della Nato, appellandosi tanto all'Alleanza quanto all'Unione Europea e ad altre Organizzazioni Internazionali affinché non abbandonino la nostra Nazione di fronte a questo ingente problema. Quasi non si crede alle proprie orecchie o si dubita fortemente di aver letto bene; magari c'è bisogno di un nuovo paio di occhiali? Invece no. Di colpo i nostri governanti sembrano accorgersi di un problema oramai dilagante, teso ad espandersi a macchia d'olio e capace di sconvolgere gli equilibri di un intero continente, forse per sempre. Si potrebbe affermare, usando un'espressione tratta dal mondo contadino, caratterizzato da forte senso pratico, che: « È inutile chiuder la stalla quando il miccio (asino) è scappato ». Eppure ventiquattro anni or sono qualcuno in parlamento ebbe il coraggio di dire: « Un'Europa capace di una vera politica estera e di una più larga apertura verso il mondo più povero che preme alle porte dell'Europa e che ha assolutamente bisogno di un acceleratore che gli consenta di uscire dalla depressione, dalla stagnazione e dal sottosviluppo, senza di che le ondate migratorie diventeranno sempre più incontrollabili. ». Quel “Signor qualcuno” rispondeva al nome di Bettino Craxi e pronunciò tale discorso di fronte alla camera dei deputati il 3 luglio 1992, nel pieno dello scandalo di tangentopoli, ormai pronto a travolgere nell'arco di pochi mesi quella che passerà alla storia come Prima Repubblica. Ed è proprio de “l'ultimo statista italiano”, come recita il sottotitolo del libro, che tratta il recente saggio di Francesco Carlesi, edito dai ragazzi del Circolo Proudhon, legati al quotidiano online L'Intellettuale Dissidente, prolifica fucina di giovani penne gagliarde. Inserito nella collana Tascabili, è un libro di appena 133 pagine in cui Carlesi, con lo stile chiaro ed armonioso che lo contraddistingue, traccia una sintesi lucida e pregnante del profilo storico, politico ed umano di Bettino Craxi, partendo da un doveroso excursus biografico per suddividere poi il libro in tre macro capitoli così esposti: le radici culturali, la politica estera e la politica interna, garantendo in tal modo al lettore una visione a 360 gradi del politico milanese. Chiudono il libro tre preziose appendici a firma di Craxi stesso: Il vangelo socialista del 1978, Sigonella: il caso “Achille Lauro” del 1985 e il famigerato Discorso alla camera dei Deputati del 3 luglio 1992, utili a comprendere lo spessore culturale e diplomatico del personaggio, su cui Carlesi, in chiusura del libro, rivolge ai lettori una domanda retorica: « Ce lo vedete qualche leader o uomo politico della Seconda Repubblica tenere lezioni su Garibaldi o sfidare diplomaticamente il Presidente degli Stati Uniti? ». Inutile dire che conosciamo tutti la palese risposta. Il presente saggio ha dunque il grande merito di riaccendere l'attenzione su un protagonista della nostra storia che, tra luci ed ombre, è stato capace di avere una visione non soltanto amplia e attenta agli scenari internazionali, ma anche lungimirante e soprattutto ambiziosa per l'Italia (lui si che aveva una strategia verso il Mediterraneo). Enorme merito di Craxi inoltre non fu solo quello di ribadire l'importanza strategica della nostra Nazione, ponte ideale tra il Medioriente e l'Europa continentale, mediatrice di controversie e nuovo spiraglio di proficue alleanze con l'emergente mondo arabo, ma in particolar modo di averla fatta valere sullo scenario mondiale come rampante potenza industriale, capace di attestarsi tra le prime cinque nazioni del globo sul finire degli anni '80. Il tutto condito da un'attenta politica culturale, volta a riscoprire le radici risorgimentali del Socialismo e l'importanza dell'Unità nazionale, di contro al predominio culturale marxista capace di fagocitare in passato non solo il partito di Craxi, ma l'intera cultura italiana del dopoguerra.
Per concludere è giusto evidenziare una volta di più come, personaggi appartenenti alla Prima Repubblica e di chiara matrice antifascista - Craxi stesso, Mattei o altri - vengano per lo più ricordati e valorizzati oggi, salvo rari casi, da storici e scrittori di opposta provenienza politica. È vero, questi uomini si fecero portavoce di una visione nazionale riconoscendo l'importanza della Sovranità politica, economica e sociale nella vita di uno Stato, così come sostenuto, magari con diverse sfumature, da chi si rifà ad un'altra area politica. Ma ciò dimostra soprattutto, anzi ne è segno tangibile, quanto la sbandierata attenzione verso l'altro e l'onestà intellettuale non alberghino presso chi di tali parole si riempe soltanto la bocca, sputando poi sentenze con la tracotante certezza di un novello Mosè, ma bensì presso coloro i quali sanno vedere oltre la cortina di fumo gettataci per anni sugli occhi. Ciò significa superare la dicotomia destra/sinistra e riconoscere, oltre le fedi politiche, ciò che ci rende figli di una stessa Terra e di una stessa Storia.
Ho in comune con Carlesi la giovane età, ricordata con affetto per l'autore da Stefania Craxi nell'introduzione al libro da lei curata, e la mia infanzia è figlia della stessa atmosfera forcaiola di quei primi anni novanta, dei lungi processi in diretta televisiva, degli scandali e dei gridi di giubilo di molte persone convinte che fosse l'inizio di un'epoca nuova. “Craxi. L'ultimo statista italiano” sgombra dalla memoria le illusorie impressioni di quei momenti, ponendoci di fronte ad una prospettiva diversa, volta a ricordare come dietro al macabro spettacolo di quei giorni si celasse ben altra realtà, di cui paghiamo e pagheremo ancora le più tristi conseguenze se non sapremo trarre il giusto insegnamento dalla Storia.

Sandro Righini

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