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lunedì 7 novembre 2011

Processo al Seicento - Ferruccio Bravi

<< Nescire quid acciderit
antequam natus sis
id est quasi non esse >>
(CIC., Orat., XI.2) 

Qualcuno si chiederà: perché un processo al Seicento, quando sarebbe più opportuno celebrare il processo - magari per direttissima, e senza appello - al secolo nostro? D'accordo; ma fare un processo al passato è un po' fare il processo anche al presente, poiché la storia d'ogni tempo racchiude in sé i motivi eterni degli avvenimenti, quei motivi che hanno governato le cose passate così come governano le cose presenti e governeranno le future. I grandi, dal Macchiavelli al Vico, ci insegnano che il passato fa lume al futuro, perché il mondo è sempre lo stesso, perché le stesse cose ritornano sotto diversi nomi, sotto diversi aspetti, sotto diversi colori. [...]
Il seicento è noto ai più attraverso una interpretazione distorta, convenzionale, di comodo, viziata da pregiudizi e luoghi comuni.
E' un secolo tuttora giudicato secondo le visuali della cosidetta << età dei lumi >>, quella buia notte della storia che dura ancora. Il Seicento, rispetto al Settecento, fa la parte del baritono: serve a giustificare il secolo nuovo, anche nelle sue aberrazioni. Rispetto al nostro secolo, il Seicento serve come pietra di paragone: si afferma cioè che esso fu un secolo piatto, decadente, disumano, vuoto: mentre invece il secolo nostro - secondo una interpretazione d'obbligo - è ricco di promesse, di sensibilità umana, di giustizia, di progresso sociale e via discorrendo..
Ma, con buona pace dei filistei e dei Pangloss del tempo nostro, il seicento è qualcosa di meglio: è, a differenza del nostro, un secolo in cui l'uomo ricerca ansioso un mondo nuovo dello spirito: nessun altro secolo - salvo il cinquecento che in esso si proietta - è altrettanto ricco di fermenti.. 


Presso il Gruppo di Studio AVSER sono disponibili diverse copie del volume - ricco d'illustrazioni -, tra cui alcune edizioni di pregio rilegate

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