DIES NATALIS SOLIS
DIES NATALIS CHRISTI
di Ferruccio Bravi – 11
XII 13
Il Natale ha radici precristiane. In antico non era
una novità in Italia dove, ab immemorabili, si celebrava il dies natalis
Solis.
La sovrapposizione del dies
natalis Christi’ non è l’unica acquisita e consolidata nel nuovo culto che
poco alla volta si è appropriato di riti e consuetudini pagane 1. Questa
assunzione di elementi del Sacro altrui è definita ‘o-blitteratio’; riguarda
precipuamente la figura del Cristo figlio di Dio accomunato a Krišna, il figlio
di Višnù dal parto divino, dall’assonanza del nome e dalle vite parallele:
nascita nel solstizio invernale, padri putativi e despoti infanticidi (Kamsa ed
Erode) 2.
L’identità Sole-Dio era saldamente
radicata nei popoli dell’antichità. Perfino i cristiani credevano che il loro
Dio fosse il Sole «essendo noto che noi preghiamo
rivolti verso il Sole che sorge e nel Giorno del Sole ci diamo alla pazza
gioia». Così Tertulliano 3. Anche
Papa Leone I deplorava «che certi cristiani, prima di entrare nella
basilica di San Pietro dopo aver salito la scalinata, si volgono verso il Sole
e piegata la testa s’inchinano in onore del fulgido
astro» 4.
Nel culto di Mitra
ritroviamo altri riscontri, a cominciare dal Sole che nasce da una vergine in
una grotta; per cui taluni autori sostengono che il Cristianesimo è una
derivazione del Mitraismo, “padre di tutte le religioni” contaminato dal credo
giudaico 5.
All’Almo Sole si riconduce anche
il nimbo, l’aureola sul capo del Cristo, della Madonna, degli angeli e dei
santi: nelle raffigurazioni delle divinità solari era distintivo di potenza e
dignità 6.
L’identificazione del
Sole con la divinità suprema è esplicita nell’area reto-italica. Nell’Agro Veronese vennero alla
luce lapidi che menzionano «Iuppiter Felvennis» e «Silvanus Fel»: nella
“interpretatio” romana la dea retica solare Felvenne corrisponde a Giove e il
Sole dei Reti (Fel) a Silvano divinità solare poi retrocessa a silvestre 7.
La data della Natività fissata al
25 dicembre da papa Liberio nel 360 è arbitraria e non senza incongruenze
bizzarre, come la veglia dei pastori scombinati all'addiaccio con le pecore in
pieno inverno. Anche l’anno è inesatto: presumibilmente il 747 a.U.c e non il
755 8.
Per finire, accenno all’albero di Natale la cui
tradizione si definisce “alpino-germanica” ma è di fatto
mediterranea: l’uso antico di appendere oggetti votivi alle piante è
accennato dai poeti classici, come Tibullo che rievoca l'età felice della Roma
agreste, quando si vedevano le giovenche pascere placide sul Palatino e
«pendebat vagi pastoris in arbore votum» 9.
PALCHI CERVINI da MAGRÉ
CON DEDICA VOTIVA A REITIA
Reitia era la
Madre Terra dei Reti e dei Veneti, versione femminile della divinità suprema
solare. Era invocata con l’epiteto estuale, conguagliabile
etimologicamente con istanu, teonimo solare ittita. Col nome di Esta
o Vispa era venerata come protettrice del focolare (cfr. la Vesta romana,
l’Estia greca e la Ostara germanica).
Ecdotica ed ermeneutica
dei tre corni di Magré Vicentino
1: r. i θ i
e k e r r. i nake:
p. iθ i e. ker r. inake
«Reitiae (hoc) sacrum (donarium quidam) devovi(t)» o sim.
Il perf. r. i nake sta per
θ i nake ‘ha dato in voto’. L’incisore,
di solito, non sapeva leggere e non di rado confondeva i segni alfabetici del
modello). 2: ritamne helanu «
Reithanae (divae) Velanus (conscravit)». 3: u s t
i θ u d. e d
e v e «Ustido dedit». Dedica in
alfabeto etrusco-venetico e lingua gallo-italica; il nome dell’oblator,
Ostidone, è forse gallico, dedeve riflette,
più che il venet. doto, il lat. dedit arrangiato sul
perf. in –vi. – Bravi 1980 II, 61.
DUE OGGETTI VOTIVI CONSACRATI A DIVINITÀ PRECRISTIANE
LA PALETTA DI PADOVA
Transunto da F.BRAVI, 1980, II, 58-59 e passim
Spatola votiva in bronzo
(28 x 6.5/9.4) ora al Museo cittadino di Padova. Rinvenuta nel 1899 nell'area
del "Santo", frequentatissima assai prima dell’attuale culto di
Sant’Antonio dai fedeli di Reitia Estuale.
Ecdotica ed ermeneutica della
dedica in alfabeto etrusco-venetico (scrittura retrograda):
Traslitterato: < et.sualeutikukaian/nakinatarisakvil/t.i.t.i.a.p
Trascr.
interpretativa: estuale
utiku kaian nakina (a)tari sakvil ti(u?)ti(s?) ap(nu?)
Traduzione: "alla
dea estuale (è) offerto
questo alla Gran Madre dono consacrato”; .
dono votivo della comunità" (o sim.,
o altro).
note
lessicali: ■ estuale , cfr. gr.cEστία,
ittito Istanu (divinità solare), germ. Ostara (Magna Parens),
Ateste ( > Esta + Atesis, tipo Tergeste). In
altri titoli: estua, es-tual-, estas. ■ utiku 'dedicato',
'offerto', conguagliabile con etr. uti- 'do'. ■ kaian
dimostrativo, cfr. etr. cehen 'questo qua'. ■ nakina (a)ta risponde
all'etr. ati nac-na 'madre grande' cui si dà anche il significato di
'nonna'; è un tipo di area mediterranea che sopravvive in qualche dialetto del
Mezzogiorno (mammaruossa e mossa 'nonna', ambedue da mamma
grossa) e nei calchi transalpini grand-mère, Großmutter.
■ sakvil 'dono votivo' (devotio, sacrificium) riconoscibile in etr. sac
'sacer' e cvil 'donum'; altro composto etrusco è tinscvil 'mattutino
dono', nel senso di dono della luce o di Morgengabe e comunque anche
personale (Tanaquilla) . ■ tiutis 'comunità', salvo diversa lezione (se
unito alla siglia attigua, magari anteposta: apnu tinaχe 'donum
dicatum'?). – Bravi 1980, II 58-59 .
IL CINTURONE DI LOTHEN
Transunto
da F.BRAVI, 1980, II, 74-75 e passim
Cinturone “alla tirolese” in bronzo laminato (23 x
10.5). Arte delle situle e stile figurativo d'area venetica, elementi in comune
con la Situla di Nesazio 1). Rinvenuto nel 1941 in Alto Adige
(Lothen/Campolino, p. Brunìco), ora al Museo di Bolzano. Dedicato a
Felsoria divinità ctonia, nell’aspetto funebre di Reitia divinità solare
suprema: il teonimo conserva l’etimo originario *φel- ‘sole’.
Ecdotica ed ermeneutica della dedica in alfabeto
etrusco-venetico (scrittura progressiva):
Traslitterato: > camφelsuries.kalaheprušiahil
* / klanturus
Trascr. interpretativa: (i)cam φelsuries-kala
heprusiahil ap(nu?) klanturus
Traduzione: "io (sono
il cinturone) di Felsoria e Cala; dono veprusiale di Clanturo" (o sim.) 2.
note
lessicali: ■ estuale , cfr. gr.cEστία, ittito
Istanu (divinità solare), germ. Ostara (Magna Parens), Ateste
( > Esta + Atesis, tipo Tergeste). In altri titoli: estua,
es. ■ (i)χam 'io'
per cui cfr. etrusco arcaico ikam 'io' e ika 'questo'
3. ■ φelsuries gen.
dedicativo 'di Felsoria' l’anzidetta divinità ctonia in relazione con l'etrusca
Suri, consorte del dio infero Calu 4 riscontrato dal kala seguente
che con φelsuri costituisce la diade infera dei
Reti. ■ heprusiahil ( = veprusia-vil)
'veprusiale', di Veprusia o, veneticamente, Februsia, con vago richiamo al tipo
etrusco tinscvil ‘Tanaquilla’ lett. ‘dono del mattino’. Il segno a
cravatta, traslitterato š, è da influsso gallico in area noricense
5. ■ apnu (?) 'dono votivo' conguagliabile con etrusco alpnu
‘dono’ documentato a Chiusi e a Suessula in Campania. ■ klanturus
gentilizio o patronimico. Il suffisso -tur – ricorrente anche a
Sanzeno in Anaunia (laturus) – richiama etr. -θur,
indicante appartenenza a collegi e famiglie.
______
1 Nesactium: attuale
villaggio di Altura fra Pola e Fiume, già castelliere e capitale degl'Istri,
poi munici-pio della X Regione Venezia ed Istria.
Necropoli venetica di tipo atestino con tracce di preesistente castelliere
degli Istri. Culto di divinità paleovenete quali Eia e Trita, questa
comparabile con la Trìava reto-venetica. A. Gnirs, Histria
Praeromana, 1922.
2 Giovan Battista
Pellegrini, glottologo principe approfondito nel venetico, cabotando fra questa
lingua e l’etrusco, legge e interpreta: χam.φel suries-kalahe prušiahil
/LI/
kla.n.turus – "(cinturone) di Campe (morto d'anni) 51: (la moglie)
Prusiaquilla a Suri e Calu (l'ha consacrato); di Clanturo", i lessemi
presupposti etruschi, non trovano riscontro in altri titoli retici. Irrisolto
il corismo χamφel...LI klanturus fin dal primo tentativo ermeneutico. –
G.B. Pellegrini, I rinvenimenti poreistorici di Lothen, II, in
“Cultura atesina”, V, Bolzano, 1951, 11-15).
3 Secondo l'uso etrusco e
venetico, gli oggetti dedicati parlano in prima persona. Tuttavia in etrusco il
distacco fra 'io' e 'questo' non è netto, sì che il personale mi (da *ika-mi
'egomet' da cui anche i-ka 'hoc') fu dapprima inteso dagli ermeneuti
come dimostrativo: mi qutun karkanas 'questo (è) il gotto di Carcanas'
invece che 'io (sono)...'etc.
4 In Etruria il riscontro di
Felsoria, anche etimologico, è Fersu (φersu); in
Grecia è Persefone, per noi Proserpina, che fa coppia con Plutone. Il
teonimo φelsuri- è composto di φel 'Sole' e di un radicale *sur-
'inferi' o sim. da cui il Suri etrusco. Cfr. φelna-vinutalina nella
“Situla di Cembra 1 e φelvinuale nell’anaune “Placca di Meclo (Tn). Per
le relazioni teonimiche: Bravi 1994, 29, 31-32.
5 ll Norico fu colonizzato
da paleoveneti e celti. A frequentazione e insediamenti venetici risalirebbero
i titoli della Val di Zeglia (Gurina e Würmlach).
NOTE
1 L’origine
pagana, negata soltanto dall’Unione Cristiana Cattolici Razionali,
è accettata pacificamente anche da Benedetto
XVI che ha testualmente affermato: «Molto presto i cristiani rivendicarono per loro il 25 dicembre il
giorno natale della luce invitta, e lo celebrarono come natale di Cristo, come
giorno in cui essi avevano trovato la vera luce del mondo». – Joseph
Ratzinger, Chi ci aiuta a vivere? Su Dio e l’uomo, Queriniana 2006, 97
sgg.
L'obliterazione
del preesistente, ossia l'imposizione di una ben congegnata patina cristiana ad
una tradizione saldamente radicata nella coscienza dei 'convertiti', fu più
rigorosa dove il nuovo credo stentava ad affermarsi. Così nell’Etruria
alla quale si attribuirono falsamente
una precoce entusiastica conversione, il primo
successore di Pietro (Lino da Volterra) e il privilegio della più antica predicazione
apostolica in Italia.
Vero
è che il Cristianesimo si
impose in territorio etrusco e in ogni altra parte d’Italia
appropriandosi di forme o parvenze di culti preesistenti. – Ivi, 59.
2 Bravi
1994, 28 e 35. Più concorrenziale a quello
cristiano fu il culto indo-persiano di Mitra «col quale il Cristianesimo si
fuse sincreticamente. A proposito, anche Mitra era stato
partorito da una vergine, aveva dodici discepoli e veniva
soprannominato “il Salvatore”. […] Il dio sole
inca
Wiracocha veniva celebrato nella festa del solstizio d’inverno Inti Rajmi
(festeggiata il 24 giugno perché nell’emisfero sud, essendo le stagioni
rovesciate, il solstizio d’inverno cade appunto in giugno»). –
Savino 2004, 55.
3 Ad nationes, apologeticum, de
testimonio animae.
4 Settimo sermone nel Natale 460, XXVII, 4.
5 In
argomento il Carpenter rileva «analogie tra i
miti dei vari salvatori divini: Dioniso ellenico, Ercole romano, Mitra
persiano, Osiride, Iside e Horus in Egitto, Baal e Tammuz dei Semiti orientali.
Più o meno si asseriva che questi “redentori” fossero nati, esattamente o
circa, nel giorno del Solstizio:
·
Da madre vergine.
·
In una grotta in un vano sotterraneo.
·
Affaticati da una vita dura.
·
Invocati con epiteti o epiclesi
salutiferi.
·
Tentati dal Maligno.
·
Scesi agli Inferi.
·
Risuscitatori di defunti e guide al mondo
celeste.
·
Santificatori tramite il battesimo.
·
Commemorati alla mensa eucaristica.
Ancora: la nascita di Gesù fu
annunciata dalla cometa come quella di Buddha, di re Mitridate, di Giulio
Cesare e altri. Dei quattro Vangeli solo quello di Matteo ne parla e nessun
vangelo pone un bue e un asinello nel Presepe. Questo particolare lo si ritrova
nei miti pagani. – Cumont 1913, passim.
6 Il
Cristianesimo adottò anche segni solari fra i quali il
demonizzato svastica, o croce gammata. Tale simbolo
sapienziale, noto in Italia ben prima di essere assunto dal Cristianesimo
costantiniano, lo si vede tuttora in absidi e pavimenti di chiese paleocristiane
ad Aquileia e altrove.
Caduto in disuso, fu riesumato
nel secolo scorso e interdetto come simbolo antisionista. La ‘svastica
nazista’ – apparsa nella Germania guglielmina già prima
di essere adottata dal Terzo Reich – ha gli uncini rotanti a rovescio ed è propriamente un sauvastica, visibile anche in decorazioni
etrusche e campane.
Si riconosce, preciso, in
una immagine vietnamita di Buddha (santuario in una grotta p. Danang. – Foto
Aisalla, VE). Nel primo ‘900 l’aveva già adottato la mondialistica «Società
Teosofica» di N.York che – “ahi, fiera compagnia!” –
lo inserì nel proprio stemma insieme con la stella di David. – Ivi,
58.
7 Bravi
1980, I 25 213, II 164
174. Ulteriori dettagli in D’Ambrosio 1995, 7 e
sgg.:
«Iovi
Soli» è la dedica incisa in un cilindretto d’argento rinvenuto nel
1979 a Stufles nel Brissinese fra i ruderi d’un insediamento retico d’età
romana. La o di soli è contornata da una corona di raggi che
rappresenterebbe «il disco fiammeggiante del sole, dispensatore
di vita in tutto l’universo» con un ideogramma invece che con
raffigurazione antropomorfica usuale in altri supporti, specie sulle monete».
8 G.
Sermonti, Il grano dal loglio, 2012 – http://
www. rinascita.eu/index.php?action=news&id=16465
9 «All’albero
infatti si appendeva l’oggetto votivo se il luogo di culto era all’aperto. Nei
boschi, fin da tempi antichissimi, si innalzavano tempietti lignei a Diana alla
quale i cacciatori consacravano palchi cervini; era una pratica [italica]assai
diffusa presso i Veneti e anche presso i Retoetruschi […]. Quest’uso è oggi del
tutto profano, limitato alle locande alpestri e alle taverne della Tuscia dove
si appendono corna per tutti i gusti». – Bravi 1975, 55.
FONTI
Bravi Ferruccio, Il
Sacro dei Mediterranei (Reti ed Etruschi): genesi,
evoluzione, sopravvivenze, Bolzano (CSA) 1994.
stesso, La lingua dei Reti,
I-II, Bolzano (CDS) 1980.
stesso, I Retoetruschi,
Bolzano (CDS) 1975.
Carpenter Edward, Pagan and Christian Creeds, 1920.
Cumont Franz Valery Marie, Les
mystères de Mithria, Bruxelles 1913.
D'Ambrosio Luigi, Un
culto solare nel Brissinese Romano,Bol-
zano (CSA) 1995.
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