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giovedì 19 dicembre 2013

LE RADICI PRECRISTIANE DEL NATALE


DIES NATALIS SOLIS
DIES NATALIS CHRISTI
di Ferruccio Bravi – 11 XII 13

Il Natale ha radici precristiane. In antico non era una novità in Italia dove, ab immemorabili, si celebrava il dies natalis Solis.
La sovrapposizione del dies natalis Christi’ non è l’unica acquisita e consolidata nel nuovo culto che poco alla volta si è appropriato di riti e consuetudini pagane 1. Questa assunzione di elementi del Sacro altrui è definita ‘o-blitteratio’; riguarda precipuamente la figura del Cristo figlio di Dio accomunato a Krišna, il figlio di Višnù dal parto divino, dall’assonanza del nome e dalle vite parallele: nascita nel solstizio invernale, padri putativi e despoti infanticidi (Kamsa ed Erode) 2.
L’identità Sole-Dio era saldamente radicata nei popoli dell’antichità. Perfino i cristiani credevano che il loro Dio fosse il Sole «essendo noto che noi preghiamo rivolti verso il Sole che sorge e nel Giorno del Sole ci diamo alla pazza gioia». Così Tertulliano 3. Anche Papa Leone I deplorava «che certi cristiani, prima di entrare nella basilica di San Pietro dopo aver salito la scalinata, si volgono verso il Sole e piegata la testa s’inchinano in onore del fulgido astro» 4.
Nel culto di Mitra ritroviamo altri riscontri, a cominciare dal Sole che nasce da una vergine in una grotta; per cui taluni autori sostengono che il Cristianesimo è una derivazione del Mitraismo, “padre di tutte le religioni” contaminato dal credo giudaico 5.
All’Almo Sole si riconduce anche il nimbo, l’aureola sul capo del Cristo, della Ma­donna, de­gli angeli e dei santi: nelle raffigurazioni delle divinità solari era distintivo di potenza e dignità 6.
L’identificazione del Sole con la divinità suprema è esplicita nell’area reto-italica. Nell’Agro Veronese vennero alla luce lapidi che menzionano «Iuppiter Felvennis» e «Silvanus Fel»: nella “interpretatio” romana la dea retica solare Felvenne corrisponde a Giove e il Sole dei Reti (Fel) a Silvano divinità solare poi retrocessa a silvestre 7.
La data della Natività fissata al 25 dicembre da papa Liberio nel 360 è arbitraria e non senza incongruenze bizzarre, come la veglia dei pastori scombinati all'addiaccio con le pecore in pieno inverno. Anche l’anno è inesatto: presumibilmente il 747 a.U.c e non il 755 8.
Per finire, accenno all’albero di Natale la cui tradizione si definisce “alpino-germanica” ma è di fatto mediterranea: l’uso an­tico di appendere oggetti votivi alle piante è accennato dai poeti classici, come Tibullo che rievoca l'età felice della Roma agreste, quando si ve­devano le giovenche pascere pla­cide sul Palatino e «pendebat vagi pastoris in arbore votum» 9.

PALCHI CERVINI da MAGRÉ
CON DEDICA VOTIVA A REITIA

 
Reitia era la Madre Terra dei Reti e dei Veneti, versione femminile della divinità suprema solare. Era invocata con l’epiteto estuale, conguagliabile etimologicamente con istanu, teonimo solare ittita. Col nome di Esta o Vispa era venerata come protettrice del focolare (cfr. la Vesta romana, l’Estia greca e la Ostara germanica).
Ecdotica ed ermeneutica dei tre corni di Magré Vicentino
1: r. i θ i e k e r r. i nake: p. iθ i e. ker r. inake «Reitiae (hoc) sacrum (donarium quidam) devovi(t)» o sim. Il perf. r. i nake sta per θ i nake ‘ha dato in voto’. L’incisore, di solito, non sapeva leggere e non di rado confondeva i segni alfabetici del modello). 2: ritamne helanu « Reithanae (divae) Velanus (conscravit)». 3: u s t i θ u d. e d e v e «Ustido dedit». Dedica in alfabeto etrusco-venetico e lingua gallo-italica; il nome dell’oblator, Ostidone, è forse gallico, dedeve riflette, più che il venet. doto, il lat. dedit arrangiato sul perf. in –vi. – Bravi 1980 II, 61.

 
DUE OGGETTI VOTIVI CONSACRATI A DIVINITÀ PRECRISTIANE

LA PALETTA DI PADOVA
Transunto da F.BRAVI, 1980, II, 58-59 e passim
 
 
Spatola votiva in bronzo (28 x 6.5/9.4) ora al Museo cittadino di Padova. Rinvenuta nel 1899 nell'area del "Santo", frequentatissima assai prima dell’attuale culto di Sant’Antonio dai fedeli di Reitia Estuale.
Ecdotica ed ermeneutica della dedica in alfabeto etrusco-venetico (scrittura retrograda):
Traslitterato: < et.sualeutikukaian/nakinatarisakvil/t.i.t.i.a.p
Trascr. interpretativa: estuale utiku kaian nakina (a)tari sakvil ti(u?)ti(s?) ap(nu?)
Traduzione: "alla dea estuale (è) offerto questo alla Gran Madre dono consacrato”; . dono votivo della comunità" (o sim., o altro).
note lessicali: estuale , cfr. gr.cEστία, ittito Istanu (divinità solare), germ. Ostara (Magna Parens), Ateste ( > Esta + Atesis, tipo Tergeste). In altri titoli: estua, es-tual-, estas. ■ utiku 'dedicato', 'offerto', conguagliabile con etr. uti- 'do'. ■ kaian dimostrativo, cfr. etr. cehen 'questo qua'. ■ nakina (a)ta risponde all'etr. ati nac-na 'madre grande' cui si dà anche il significato di 'nonna'; è un tipo di area mediterranea che sopravvive in qualche dialetto del Mezzogiorno (mammaruossa e mossa 'nonna', ambedue da mamma grossa) e nei calchi transalpini grand-mère, Großmutter. ■ sakvil 'dono votivo' (devotio, sacrificium) riconoscibile in etr. sac 'sacer' e cvil 'donum'; altro composto etrusco è tinscvil 'mattutino dono', nel senso di dono della luce o di Morgengabe e comunque anche personale (Tanaquilla) . ■ tiutis 'comunità', salvo diversa lezione (se unito alla siglia attigua, magari anteposta: apnu tinaχe 'donum dicatum'?). – Bravi 1980, II 58-59 .

 
IL CINTURONE DI LOTHEN
Transunto da F.BRAVI, 1980, II, 74-75 e passim
 
Cinturone “alla tirolese” in bronzo laminato (23 x 10.5). Arte delle situle e stile figurativo d'area venetica, elementi in comune con la Situla di Nesazio 1). Rinvenuto nel 1941 in Alto Adige (Lothen/Campolino, p. Brunìco), ora al Museo di Bolzano. Dedicato a Felsoria divinità ctonia, nell’aspetto funebre di Reitia divinità solare suprema: il teonimo conserva l’etimo originario *φel- ‘sole’.
Ecdotica ed ermeneutica della dedica in alfabeto etrusco-venetico (scrittura progressiva):
Traslitterato: > camφelsuries.kalaheprušiahil * / klanturus
Trascr. interpretativa: (i)cam φelsuries-kala heprusiahil ap(nu?) klanturus
Traduzione: "io (sono il cinturone) di Felsoria e Cala; dono veprusiale di Clanturo" (o sim.) 2.
note lessicali: estuale , cfr. gr.cEστία, ittito Istanu (divinità solare), germ. Ostara (Magna Parens), Ateste ( > Esta + Atesis, tipo Tergeste). In altri titoli: estua, es. (i)χam 'io' per cui cfr. etrusco arcaico ikam 'io' e ika 'questo' 3. ■ φelsuries gen. dedicativo 'di Felsoria' l’anzidetta divinità ctonia in relazione con l'etrusca Suri, consorte del dio infero Calu 4 riscontrato dal kala seguente che con φelsuri costituisce la diade infera dei Reti. ■ heprusiahil ( = veprusia-vil) 'veprusiale', di Veprusia o, veneticamente, Februsia, con vago richiamo al tipo etrusco tinscvil ‘Tanaquilla’ lett. ‘dono del mattino’. Il segno a cravatta, traslitterato š, è da influsso gallico in area noricense 5. ■ apnu (?) 'dono votivo' conguagliabile con etrusco alpnu ‘dono’ documentato a Chiusi e a Suessula in Campania. ■ klanturus gentilizio o patronimico. Il suffisso -turricorrente anche a Sanzeno in Anaunia (laturus) richiama etr. -θur, indicante appartenenza a collegi e famiglie.
______
1 Nesactium: attuale villaggio di Altura fra Pola e Fiume, già castelliere e capitale degl'Istri, poi munici-pio della X Regione Venezia ed Istria. Necropoli venetica di tipo atestino con tracce di preesistente castelliere degli Istri. Culto di divinità paleovenete quali Eia e Trita, questa comparabile con la Trìava reto-ve­netica.   A. Gnirs, Histria Praeromana, 1922.
2 Giovan Battista Pellegrini, glottologo principe approfondito nel venetico, cabotando fra questa lingua e l’etrusco, legge e interpreta: χam.φel suries-kalahe prušiahil /LI/ kla.n.turus"(cinturone) di Campe (morto d'anni) 51: (la moglie) Prusiaquilla a Suri e Calu (l'ha consacrato); di Clanturo", i lessemi presupposti etruschi, non trovano riscontro in altri titoli retici. Irrisolto il corismo χamφel...LI klanturus fin dal primo tentativo ermeneutico. – G.B. Pellegrini, I rinvenimenti poreistorici di Lothen, II, in “Cultura atesina”, V, Bolzano, 1951, 11-15).
3 Secondo l'uso etrusco e venetico, gli oggetti dedicati parlano in prima persona. Tuttavia in etrusco il distacco fra 'io' e 'questo' non è netto, sì che il personale mi (da *ika-mi 'egomet' da cui anche i-ka 'hoc') fu dapprima inteso dagli ermeneuti come dimostrativo: mi qutun karkanas 'questo (è) il gotto di Carcanas' invece che 'io (sono)...'etc.
4 In Etruria il riscontro di Felsoria, anche etimologico, è Fersu (φersu); in Grecia è Persefone, per noi Proserpina, che fa coppia con Plutone. Il teonimo φelsuri- è composto di φel 'Sole' e di un radicale *sur- 'inferi' o sim. da cui il Suri etrusco. Cfr. φelna-vinutalina nella “Situla di Cembra 1 e φelvinuale nell’anaune “Placca di Meclo (Tn). Per le relazioni teonimiche: Bravi 1994, 29, 31-32.
5 ll Norico fu colonizzato da paleoveneti e celti. A frequentazione e insediamenti venetici risalirebbero i titoli della Val di Zeglia (Gurina e Würmlach).



NOTE
1 L’origine pagana, negata soltanto dall’Unione Cristiana Cattolici Razionali, è accettata pacificamente anche da Benedetto XVI che ha testualmente affermato: «Molto presto i cristiani rivendicarono per loro il 25 dicembre il giorno natale della luce invitta, e lo celebrarono come natale di Cristo, come giorno in cui essi avevano trovato la vera luce del mondo».Joseph Ratzinger, Chi ci aiuta a vivere? Su Dio e l’uomo, Queriniana 2006, 97 sgg.
L'obliterazione del preesistente, ossia l'imposizione di una ben congegnata patina cristiana ad una tradizione saldamente radicata nella coscienza dei 'convertiti', fu più rigorosa dove il nuovo credo stentava ad affermarsi. Così nell’Etruria alla quale si attribuirono falsamente una precoce entu­siastica conver­sione, il primo succes­sore di Pietro (Lino da Volterra) e il privilegio della più antica pre­dicazione apostolica in Italia.
Vero è che il Cristianesimo si impose in territorio etrusco e in ogni altra parte d’Italia appropriandosi di forme o parvenze di culti preesi­stenti. – Ivi, 59.
2 Bravi 1994, 28 e 35. Più concorrenziale a quello cristiano fu il culto indo-persiano di Mitra «col quale il Cristianesimo si fuse sincreticamente. A proposito, anche Mitra era stato partorito da una vergine, aveva dodici discepoli e veniva soprannominato “il Salvatore”. […] Il dio sole inca Wiracocha veniva celebrato nella festa del solstizio d’inverno Inti Rajmi (festeggiata il 24 giugno perché nell’emisfero sud, essendo le stagioni rovesciate, il solstizio d’inverno cade appunto in giugno»). – Savino 2004, 55.
3 Ad nationes, apologeticum, de testimonio animae.
4 Settimo sermone nel Natale 460, XXVII, 4.
5 In argomento il Carpenter rileva «analogie tra i miti dei vari salvatori divini: Dioniso ellenico, Ercole romano, Mitra persiano, Osiride, Iside e Horus in Egitto, Baal e Tammuz dei Semiti orientali. Più o meno si asseriva che questi “redentori” fossero nati, esattamente o circa, nel giorno del Solstizio:
·         Da madre vergine.
·         In una grotta in un vano sotterraneo.
·         Affaticati da una vita dura.
·         Invocati con epiteti o epiclesi salutiferi.
·         Tentati dal Maligno.
·         Scesi agli Inferi.
·         Risuscitatori di defunti e guide al mondo celeste.
·         Santificatori tramite il battesimo.
·         Commemorati alla mensa eucaristica.

Ancora: la nascita di Gesù fu annunciata dalla cometa come quella di Buddha, di re Mitridate, di Giulio Cesare e altri. Dei quattro Vangeli solo quello di Matteo ne parla e nessun vangelo pone un bue e un asinello nel Presepe. Questo particolare lo si ritrova nei miti pagani. Cumont 1913, passim.
6 Il Cristianesi­mo adottò anche segni so­lari fra i quali il demonizzato svastica, o croce gammata. Tale simbolo sapienziale, noto in Italia ben prima di essere assunto dal Cristianesimo costantiniano, lo si vede tuttora in absidi e pavimenti di chiese paleocristiane ad Aquileia e altrove.
Caduto in disuso, fu riesumato nel secolo scorso e interdetto come simbolo antisionista. La ‘svastica nazista’ apparsa nella Germania guglielmina già prima di essere adottata dal Terzo Reich – ha gli uncini rotanti a rovescio ed è propriamente un sauvastica, visibile anche in decorazioni etrusche e campane.
Si riconosce, preciso, in una immagine vietnamita di Buddha (santuario in una grotta p. Danang. – Foto Aisalla, VE). Nel primo ‘900 l’aveva già adottato la mondialistica «Società Teosofica» di N.York che – “ahi, fiera compagnia!” lo inserì nel proprio stemma in­sieme con la stella di David. – Ivi, 58.
7 Bravi 1980, I 25 213, II 164 174. Ulteriori dettagli in D’Ambrosio 1995, 7 e sgg.:
«Iovi Soli» è la dedica incisa in un cilindretto d’argento rinvenuto nel 1979 a Stufles nel Brissinese fra i ruderi d’un insediamento retico d’età romana. La o di soli è contornata da una corona di raggi che rappresenterebbe «il disco fiammeggiante del sole, dispensatore di vita in tutto l’universo» con un ideogramma invece che con raffigurazione antropomorfica usuale in altri supporti, specie sulle monete».
8 G. Sermonti, Il grano dal loglio, 2012 – http:// www. rinascita.eu/index.php?action=news&id=16465
9 «All’albero infatti si appendeva l’oggetto votivo se il luogo di culto era all’aperto. Nei boschi, fin da tempi antichissimi, si innalzavano tempietti lignei a Diana alla quale i cacciatori consacravano palchi cervini; era una pratica [italica]assai diffusa presso i Veneti e anche presso i Retoetruschi […]. Quest’uso è oggi del tutto profano, limitato alle locande alpestri e alle taverne della Tuscia dove si appendono corna per tutti i gusti». – Bravi 1975, 55.


FONTI
Bravi Ferruccio, Il Sacro dei Mediterranei (Reti ed Etruschi): genesi, evoluzione, sopravvi­venze, Bolzano (CSA) 1994.
stesso, La lingua dei Reti, I-II, Bolzano (CDS) 1980.
stesso, I Retoetruschi, Bolzano (CDS) 1975.
Carpenter Edward, Pagan and Christian Creeds, 1920.
Cumont Franz Valery Marie, Les mystères de Mithria, Bruxelles 1913.
D'Ambrosio Luigi, Un culto solare nel Brissinese Romano,Bol- zano (CSA) 1995.
Savino Elena, Le radici pagane del Natale, 2004 –www.ri-flessioni.It/testi/radicinatale.htm 

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