1.5
Alto medio evo
L'alto medio evo, l'età delle invasioni barbariche, merita
una parola in più perché penso sia poco conosciuto. Parlo per me,
naturalmente, che, al tempo di scuola, su questo periodo non ho imparato
niente. Lo si sorvolava e basta.
Per quanto ci riguarda, osserviamo che le città
dell'entroterra, che non potevano essere difese o
aiutate né da Costantinopoli né da Roma, furono spazzate come fuscelli al
vento.
Le città sulla costa, invece, trovarono in se stesse le
forze per difendersi. Nona, Zara, Traù, Spalato, Budua e Ragusa
rimasero inviolate. Forse quando i barbari trovavano
l'osso troppo duro lasciavano perdere e andavano avanti.
Rimane il fatto che una
volta passata la bufera, le genti
della campagna dalmata che si erano rifugiate
sulle isole di fronte alla costa – isole irraggiungibili per le orde barbariche – ritornarono
sulla loro terra, ritrovarono intatte le loro
città, le loro tradizioni, la loro lingua, la loro fede ed anche il vecchio
nome latino di Dalmazia. Il papa Giovanni IV zaratino, dunque Dalmata, spenderà
somme considerevoli per riscattare i suoi concittadini Dalmati, o meglio “Romani”
come lui li chiamava, dalla cattività barbarica.
Così non solo le ferite che la Dalmazia deve alle invasioni barbariche si
vengono sanando, ma, addirittura consapevoli
della propria forza e fieri della loro capacità, i Dalmati escono a testa alta
da questa durissima prova.
1.6
I barbari
Una breve doverosa nota per identificare
i “Barbari”. Nelle nostre
terre si parlerà di Avari. Genti
bellicose e spietate che non lavorano e quando hanno finito di spogliare un
popolo vanno avanti lasciando dietro di sé terra bruciata.
Al loro passaggio nella zona di Kiev, a nord del
Mar Nero, gli Avari incontrano una popolazione pacifica e molto numerosa: gli
Slavi. Inevitabilmente gli Avari fanno un solo boccone dei pacifici Slavi che
verranno costretti a marciare, davanti ai loro
padroni, fornendo quella che oggi si chiamerebbe “carne da canno-ne”. Questi schiavi costretti a combattere
si chiameranno bifolchi; gli altri, aggregati
alla mandria come schiavi...e basta, si chiameranno bislacchi. Le genti
Slave arriveranno in questo modo nei Balcani, a quella terra che un giorno sarà
la Jugoslavia: sotto la forma di bifolchi e bislacchi.
Forse le due più evidenti caratteristiche dello Slavo
moderno sono da ricercarsi proprio nelle sue travagliate origini. Infatti,
a momenti lo troviamo estremamente tranquillo, addirittura abulico e fatalista.
In questi momenti forse ne riaffiora l'indole lontana, di quando era nelle sue
terre di origine. A momenti invece esplode in atti di selvaggia ferocia, senza
misura. Viene spontaneo allora immaginare
in lui un rigurgito di dolore a ricordo dei tempi della crudelissima schiavitù
che ha dovuto subire.
1.7
In attesa dei tempi
nuovi
Per tornare alla Dalmazia, osserviamo che, una volta
finite le invasioni barbariche, le nostre città entrano
con impeto nella tormentata storia
medievale del nostro continente. Contese dapprima fra Impero
Carolingio e Impero Bizantino,
poi fra Venezia e Ungheria,
sono costrette anche a misurarsi con la pirateria slava e le incursioni
turche.
Su queste genti ferrigne e combattive,
adusate a difendere giorno dopo giorno con le armi in pugno le loro libertà, arriveranno infine i tempi
nuovi.
1.8
I tempi nuovi
Con i tempi nuovi sorgeranno in
Dalmazia le confraternite delle arti e mestieri. Confraternite nate intorno al
1300 che nel 1422 si ergeranno a trattare da pari a pari con la nobiltà.
Dunque: non spargimento di sangue fra un popolo bestia e una nobiltà indegna,
ma un popolo libero e fiero che tratta da uomo a uomo con una nobiltà
illuminata per il bene comune.
E dilagherà l'Umanesimo. Le scuole dalmate accoglieranno i migliori
maestri provenienti da tutta Italia e in breve da quelle scuole usciranno umanisti, storici, scrittori
e poeti. Due soli esempi:
– L'epigrafia, già conosciuta come
curiosità erudita, diventa scienza all'inizio del Quattrocento nel triangolo
Ancona - Zara - Traù.
– Il grandioso palazzo di Urbino
sede dei Montefeltro, che è
stato definito “la prima dimora principesca rinascimentale”, è opera
dell'architetto zaratino Luciano Laurana.
A questo punto l'identità
culturale fra le due sponde del golfo Adriatico mi pare sia una affermazione che non
ammette repliche. Al di là dello spartiacque delle Alpi Dinariche esisteva veramente
“un altro mondo”
..segue
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