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mercoledì 10 febbraio 2016

RICORDI DI ZARA E DALMAZIA. Intervista a Giuliano De Zorzi


Non è stato facile redigere questa intervista. Tanti gli argomenti da affrontare, dolorose e ancora vivide le ferite che la storia ha inferto a questo lembo di terra nominato Dalmazia. Volevo concentrare l'attenzione sull'esodo e sulle foibe, fare un'intervista più storica e dettagliata nei numeri e nei particolari. Ma con mia somma sorpresa mi sono ritrovato a parlare di teatro, dei caffè e dei giorni che furono e non saranno più in una Zara gaudente e al contempo triste a cavallo tra '800 e '900. Merito del nostro intervistato, Giuliano De Zorzi, che ancora oggi testimonia appieno il carattere peculiare di quei meravigliosi italiani della sponda orientale. E questo suo racconto, infarcito di ricordi familiari e curiosi aneddoti, ci dice molto di più su Zara e la Dalmazia di tanti libri storici. Racconta l'anima di un popolo. Non voglio aggiungere altro. Solo ringraziare per l'ennesima volta il nostro intervistato, che ci ha regalato qualcosa d'incommensurabile ed augurare a tutti voi una buona lettura.

Sandro Righini



ZARA veduta aerea




1 - Sono passati appena 12 anni dall'istituzione del Giorno del ricordo per le vittime delle foibe e dell'esodo giuliano-dalmata. Ma ce ne sono voluti più di 60 per riconoscere questa tragedia che ancora oggi in patria desta tensione e polemiche. Segno triste e tangibile di un'Italia ancora lacerata e divisa, che non riesce a guardarsi in faccia. Da figlio di zaratini, anche se non direttamente coinvolti nelle dolorose vicende dell'esodo - perché emigrati a Bolzano - e da appassionato studioso di storia dalmata, vuole raccontarci che atmosfera si respirava sulla sponda orientale prima di quei tristi avvenimenti? Com'era Zara italiana?

Zara italiana personalmente non l’ho conosciuta. Ma l’ho vissuta nel sapore della mia casa, nelle abitudini di famiglia, nelle festività, nella cucina tipica, nel modo di essere che mi ha fatto crescere un po’ diverso dai miei compagni di scuola. Mi  sentivo meno “grintoso” degli altri, quando loro erano sempre pronti a far a gomitate, io preferivo farmi da parte... Loro mi giudicavano un “figlio di papà”... e non gradivano la mia compagnia. Nel mio DNA è rimasta una tradizione da Belle Epoque, uno spirito gaudente. Trovavo sempre a casa mia un sorriso gentile anche se in quei giorni di dopo guerra  tutti crepavamo di fame. I belli e i brutti... tutti crepavamo di fame. Ma a casa mia non ho mai sentito alzare la voce. La nonna mi raccontava di teatro come  se il teatro fosse  ancora dietro l’angolo.  Uno dei miei zii, che a Zara faceva il barbiere, si dilettava col teatro comico, così veniva sempre invitato alle feste degli amici (battesimi, matrimoni, feste di laurea). Non c’era festa a Zara senza quel mio zio. E così, a casa mia, nel triste dopoguerra, si parlava spesso di quello zio che io mi ero abituato ad amare anche senza averlo mai conosciuto. E fra i compagni di scuola faticavo a farmi degli amici...  non potevano capirmi.

2 – Nell'immaginario “comune” quando si parla di istriani e dalmati, viene automatico collegarli ad immagini tristi. Ma al di là delle dolorose vicende passate, soprattutto nei dalmati, ciò che risalta del loro carattere è una grande vitalità. Il nostro comune amico Ferruccio Bravi mi raccontava di una sua zia zaratina, sposina novella, sempre sorridente e gioviale. Vista la sua precedente risposta, credo si possa affermare che sia un tratto tipico della vostra gente. Da dove trae origine, come l'ha chiamato lei, questo “spirito gaudente”?

Anche a me Ferruccio Bravi ha parlato della famosa zia di Zara. Secondo me, posso sbagliarmi, il carattere gioviale dei miei compaesani, forse, è dovuto dall’essere “misti”... nel senso che ogni uno di noi ha almeno un parente austriaco, un parente slavo, un parente greco... su una dominante italiana.
L’occupazione austriaca (con tutti i dolori...) ha lasciato anche traccia indelebile della Belle Epoque. Quello spirito viennese rimane ancora presente nella Trieste di oggi. Se vai in teatro a Trieste a vedere un’operetta la troverai ancora fresca come in nessun altro teatro italiano. E mi pare che anche il pubblico di Trieste sia unico... Qui stesso, su facebook, abbiamo un sito dedicato alle battute spiritose di Trieste! Bisogna ricordarsi che alla fine della guerra, con l’esodo in tutte le parti del mondo, molti zaratini sono riusciti a fermarsi a Trieste.

3 - Abbiamo parlato di suo zio che si dilettava nel teatro comico e di come, dopo l'abbandono delle loro città, dalmati e zaratini abbiano portato con se quello spirito da Belle Epoque che ancora oggi si può respirare nei teatri triestini. Le domando allora; cos'era per Zara il teatro?

Il teatro era importantissimo. Direi più delle chiese. Se si pensa che oggi i teatri sono sovvenzionati e sono in rosso ugualmente, una volta i teatri, non sovvenzionati da nessuno, erano gestiti in proprio dalle famiglie nobili (non solo nobili-araldicamente ma nobili di generosità). E il giro degli artisti era il giro di Venezia. Quindi si pagavano fior di quattrini per tutti gli artisti dell’epoca.
Nel periodo di carnevale i meno abbienti andavano letteralmente al monte di pietà a portare i “stramazzi” (= pagliericci) per non mancare a tutti gli appuntamenti! A carnevale, nel Teatro si toglievano tutte le sedie del “parterre” per dare posto al ballo. Nei palchi c’erano le famiglie che cenavano.
Le cene erano portate da casa, mentre il servizio bar era gestito dal Caffè Provvidenza dei De Zorzi. Una volta una servetta che portava la cena in teatro inciampò e tutta la cena rotolò per la strada; l'indomani tutta la città conosceva il menù di quella famiglia.
I balli nel teatro di carnevale erano organizzati: c’era il ballo degli studenti, quello degli ufficiali, e c’era il Wakenball che era quello senza inibizioni. Si ricorda un costume da spazzacamino che sul di dietro aveva messo una porticina da cucina economica. Chi voleva poteva aprire la porticina si trovava di fronte il culo! L’ultimo giorno di carnevale era aperto a tutti ma con l’obbligo della maschera, così si ballava tutta la sera fra “sconosciuti”. Credo si volesse di proposito che si unissero copie scompagnate (padroni con le servette e padrone con gli stallieri). Naturalmente non era un segreto per nessuno, ma era un peccato veniale e tutti strizzavano l’occhio. Però c’erano anche coppie di veri cornuti che a mezzanotte quando si gridava “giù le maschere”, erano già andate via.

4 – Ha citato il Caffè Provvidenza, fondato e gestito per moltissimi anni dalla sua famiglia. Ma tutta la città era ricca di caffè. Quando iniziarono a prender piede e cosa rappresentavano per i suoi concittadini del tempo?

La vita del caffè era molto attiva. Mancava la TV, la partita di calcio, i telefonini. Tutta la vita della città era nel caffè. Guardando i lavori teatrali di Goldoni si vede tutto bene. In più (di quello che si vede in Goldoni) nei caffè si giocava. Si giocava forte. Nel Caffè Provvidenza c’era un intero primo piano di sala da gioco.


5I caffè furono anche punti di ritrovo per gli irredentisti dalmati? Finirono per esser soggetti all'ostracismo austriaco?

Riguardo agli irredentisti e all’ostracismo, non so che cosa succedeva, perché a casa mia non se ne parlava mai. Ricordo solo un episodio raccontatomi per vero: si dice che in un locale alcuni italiani “sfegatati” cantavano canzoni patriottiche a tutto volume. Un GENDARME austriaco, però di fatto era un uomo italiano-zaratino regolarmente arruolato nella Gendarmeria, si è messo a gridare da lontano: “Zighè a pian, che se sente!” (= gridate piano, che vi si sente!).

6 – Dopo questa disamina della briosa e vivace vita cittadina nella Zara della Belle Epoque, passiamo ai “dolori”. Ci spieghi meglio, se può, il clima politico che si respirava sotto l'impero asburgico?

Beh, uno era l’ambiente famigliare, dove tutti si conoscevano, tutti erano amici, come si suol dire anche i cani e porci! Uno era il clima politico che era estremamente teso! A partire dal 1860 circa, potete trovare su qualsiasi libro di storia, la posizione dell’Austria era ferocemente contro la Dalmazia. Tanto per ricordarne una, diciamo che l’Austria chiuse le scuole italiane, e gli italiani crearono scuole italiane private. Queste scuole, chiamate “Pro-Patria” e nate nel trentino, erano mantenute dai cittadini volontari benemeriti... poi l’Austria fece chiudere anche quelle!
Domanderete perché!? E’ facile capire. L’impero Austroungarico aveva: Trieste = porto di Vienna; Fiume = porto ungherese; e Pola = porto militare. Se l’Italia nascente avesse avuto la Dalmazia, i porti imperiali rimanevano imbottigliati. Ergo: si dovevano buttare in mare tutti gli italiani di Dalmazia.

7 - Immagino che dopo la III guerra d'indipendenza, che portò il fronte in Trentino, si acuirono ancora di più i problemi per gli italiani di Dalmazia. Possiamo dire che da quel periodo iniziò il primo, lento esodo e il sempre più massiccio arrivo di slavi nelle città?

Si. L’esodo, che si è concluso alla fine della seconda Guerra Mondiale è cominciato proprio in quegli anni. L’Austria, molto abile nella sua diplomazia, evitava accuratamente che se ne parlasse. E fomentava sotto-sotto i contadini slavi a spingere via gli italiani dalle presunte loro “TERRE CROATE”. In questa propaganda silenziosa erano fortissimi i preti cattolici croati che erano come altrettanti Savonarola. Arrivavano a non eseguire i matrimoni fra italiani... Questa ferocia clericale continuò anche dopo la fine dell’Austria, anche dopo Tito e anche dopo Tughman... Non ricordo più la data precisa, ma ci fu un Papa negli anni ‘80 che cambiò i dirigenti della chiesa croata.




STEMMA DI ZARA raffigurante San Grisogono




8 - L'aperta avversione nei confronti degli italiani ad opera del clero croato presumo che destò sconcerto fra i dalmati, la cui fede si era temprata nei secoli sotto l'incombente minaccia ottomana. In particolar modo a Zara, città in cui la devozione ai Santi patroni era molto radicata. Dico bene?

Riguardo il culto dei santi dirò che i croati di oggi sono molto più devoti di noi. Ho visto personalmente più di una volta espressioni commoventi nelle chiese, direi quasi impressionanti. Cose che non ho visto mai non solo in Dalmazia, ma in tutta Italia. Nella Zara di allora, la spiritualità direi che era quella della spiritualità triestina: porto di mare, diverse Chiese (Cattolici, Greci, Ebrei) ogni uno si fa i fatti suoi e nessuno disturba nessuno... entusiasmo spirituale piuttosto scarso. La festa religiosa è sinonimo di grande pranzo in famiglia. E Basta. Ricordo di Zara la festa della Madonna Granda (= Ferragosto). C’era una piccola e antica chiesa fuori porta, circa due chilometri a nord della città di Zara in località Bellafusa. Al tempo conservavano le angurie per la festa e c’era un grandissimo piazzale per mangiare all’aperto tutti i prodotti allo spiedo. La gente comune andava a piedi e i “borghesi” usavano la carrozza a noleggio. La carrozza che si chiamava “kripize”, veniva usata raramente. Anzi, quasi solo alla Madonna Granda. Io credo che quei birrocciai avessero un’altra professione. Oggi a Bellafusa, a fianco della piccola chiesetta, hanno costruito una gigantesca chiesa moderna; chissà, forse vorranno fare un’altra Mejugorie...

9 – Poi scoppiò la prima guerra mondiale. I dalmati, ma in particolar modo gli zaratini, come reagirono di fronte all'imminenza del conflitto? Furono in tanti a disertare ed arruolarsi volontari nel Regio esercito? Ci fu anche qualche suo familiare?

Sì. Furono in tanti a “disertare” per arruolarsi in Italia. Nicolò Benzoni, fratello di mia nonna, geometra che lavorava al comune, scappò in modo rocambolesco portandosi appresso tutte le carte topografiche che potevano essere utili all’Esercito Italiano.
Irredentista, massone, pittore di quadri a olio e fantastico giocatore di scacchi fu ricordato anche in qualche libro di memorie. Forse, sfogliando queste letture per altre ragioni, ti salterà fuori qua e là qualche Nicolò Benzoni non meglio identificato.
Nel giorno del ritorno, in mezzo ad una folla in delirio, Nicolò Benzoni, grande e grosso, in uniforme da ufficiale entrava a Zara a cavallo.

10 - Con la Vittoria italiana - la Vittoria Mutilata - gran parte della Dalmazia non rientrò nei patrii confini. Zara invece, finalmente, vide l'avvento del tricolore. Ci piacerebbe capire quali furono i rapporti tra connazionali e slavi durante quel periodo? Perché molti storici tendono ad accusare, in modo fazioso, gli italiani di aver fomentato l'odio e la rivalsa dei croati. Sarebbe utile fare alcuni chiarimenti in merito.

Il mio punto di vista è estremamente limitato per cui poco attendibile, ad ogni modo è quello che è. L’odio dei “fascisti” contro i croati è fazioso, falso e bugiardo, in mala fede... e ancora di più. Si sa che a guerra inoltrata (II guerra mondiale) soldati italiani di occupazione sposavano ragazze croate. NON STUPRAVANO!!! Sposavano ragazze croate. Sono morti più croati-normali assassinati dai croati-comunisti di Tito che non quelli morti per eventi bellici.
Altra cosa. In tempo di pace, sia in epoca asburgica che in epoca fascista, la borghesia italiana aveva le servette croate. Venivano di solito dalle isole di fronte e diventavano di famiglia. Quando i bambini tornavano da scuola, facevano i compiti con la servetta che così imparava a scrivere e a tener di conto.
I genitori delle servette, venivano a trovale nella casa dei padroni. Portavano olio e ortaggi e uscivano con caffè e zucchero.
Alla fine della guerra, con l’esodo, molte servette non sono ritornate a casa, sulle isole, ma sono partite verso l’ignoto con i loro “padroni”.

11 – Possiamo dire che la vera e aperta conflittualità è sfociata in tutta la sua violenza con l'arrivo dei partigiani titini. Ne hanno fatto le spese i croati stessi. Zara subì inoltre i devastanti bombardamenti alleati. Se non erro ben 54, che ne hanno stravolto la fisionomia. Com'è cambiata la città dopo la guerra?

Dopo la guerra è successa una cosa ridere! A Zara, fra morti nei bombardamenti ed esuli, gli italiani sono andati via tutti. A parte gli operai della azienda elettrica perché obbligati a restare. I croati non sapevano lavorare. Ma l’opinione pubblica jugoslava rimaneva nella convinzione che Zara era fascista, e basta. Così, negli anni a seguire, tutte le spese per la ricostruzione sono andate a Spalato, mentre a Zara, ormai Zadar di nome e di fatto, era lasciata in misera!!!
Solo durante la guerra del 1995, quando dall’interno la popolazione slava scappava verso il mare si sono resi conto che Spalato era diventata una città sovraffollata e in disordine, mentre Zadar era una città abbandonata. Quindi dal 2000 circa, anche a Zadar arrivarono un po’ di soldi e le novità (come l’organo del mare) sono roba attuale.

12 – Torniamo sul personale. Ci racconti adesso quando fu la sua prima volta a Zara? Che impressioni ne riportò?

La mia prima volta... fu ancora in Zara italiana, durante la guerra. Ero piccolissimo ed eravamo andati a fare i bagni. La mamma mi buttava in mare come un sacco di patate dal pontile di Puntamica, e si tuffava per ripescarmi. Ho questi ricordi come in un sogno... sogno meraviglioso... come incredibile.
La Zara di oggi è “moderna”, nel senso che i giovani croati sono uguali ai giovani italiani di qualsiasi spiaggia (telefonini piccoli e grandi con luci e colori, tavole con le rotelle, ... sanno anche qualche parolaccia in italiano...) vedono la televisione italiana e vanno a fare “la stagione” come camerieri nelle spiagge romagnole.
Quando io sono andato a Zara negli anni intorno al 1990 c’erano ancora in circolazione vecchi slavi comunisti-duri-e-puri. Quando noi parlavamo per la strada ad alta voce, i vecchietti, con gli occhi cattivi ti rimproveravano PARLANDOTI IN ITALIANO! Dicevano che qui si deve parlare croato! Per dire la verità, non ho avuto nessun altre seccature.
Riguardo la città bombardata, avevo già visto moltissime fotografie, così non mi sono meravigliato più di tanto. Così sono andato a cercare piccolissimi dettagli che mi sono stati suggeriti dai miei vecchi. Qualcuno l’ho trovato! Per esempio, sono riuscito a trovare l’esatto percorso che la mia mamma bambina faceva dalla scuola al vaporetto...



STEMMA DALMAZIA



13 - Ci siamo per lo più concentrati sulla città natale dei suoi genitori, a cui è profondamente legato e che conosce meglio. Ma i suoi studi si sono rivolti anche alla Dalmazia intera, che ha più volte visitato fino ai suoi estremi confini. Cosa ricorda di quei viaggi e cosa la colpì di più?

A dire il vero ho ben poche piccole memorie e non mi pare di parlarne. Ne tiro fuori una... tanto per fare.
In tutta la Dalmazia i ristoranti sul mare offrono pesce quelli sulla terra ferma offrono spiedi. A volte il terreno è stretto, così da una parte della strada vedi spiedi e dall’altra pesci. Tutti in fila in fila. Si dice che i migliori spiedi siano vicino la Fortezza di Clissa (Spalato). Quando ci sono passato ho visto moltissimi ristoranti uno sull’altro e alla fine mi sono fermato. Forse era una giornata no, o forse gli ero antipatico, non ho mai avuto uno spiedo così cattivo. Immangiabile. Il giorno dopo, al mio ristorante di Zara, mi lamentavo che non tutti gli spiedi sono buoni. Il cameriere, risentito, mi disse che forse qualche volta potrebbe anche essere, ma se vuoi gli spiedi buoni devi andare a Clissa.

14 - Esiste sempre una piccola comunità d'italiani in Dalmazia. E' ancora in contatto con i connazionali rimasti in loco?

A Zara ci sono due indirizzi importanti: 
DANTE ALIGHIERI DI ZARA – Kovacka Ulica, 2 – 23000 ZADAR;
COMUNITA’ DEGLI ITALIANI –  Zajednica Talijana Zadar – Rina Villani – Ulica Borelli, 8/1 – 23000 ZADAR.
Sono vivi anche La comunità degli italiani di Spalato, l'isola di Hvar ( = Lesina ) e Cattaro (Montenegro). E poi ci sono molti privati in Istria che comunicano giornalmente qui su Facebook.

15 - Siamo in conclusione. Come da lei testimoniato poc'anzi, grazie ad internet sono ripresi i contatti con gl'italiani rimasti in Istria e Dalmazia. Inoltre è cresciuto l'interesse intorno alla questione del confine orientale, alle terre irredente, alla tragedia dell'esodo e delle foibe. Cosa dobbiamo augurarci per il futuro?

Bella domanda! Bisogna pensare alle novità in atto: La Croazia cosa farà nell’unione europea? E cosa faremo noi con il nostro Capo del Governo? Come finiranno gli sbarchi dei fuggiaschi? Addirittura vorrei sapere che cosa farà l’ISIS... Ci metteranno tutti il BURKA? Tutta la nostra storia passata pare una favola lontana che si ricorderà solo nei racconti al caminetto...