25
aprile 2015
Con
questa bella e semplice poesia di Mario Castellacci, vogliamo
ricordare i terribili giorni della guerra civile che infiammò la
nostra nazione dopo l'infamia dell'8 settembre. Mentre le autorità
di Stato si apprestano a celebrare in pompa magna l'anniversario di
una liberazione che è stata tale soltanto nel nome e che per
settant'anni, tra alti e bassi, ha significato la sudditanza
politica, economica e culturale al colosso americano, noi preferiamo
ricordare chi in quei giorni spese la propria gioventù per restare
fedele ad un'ideale, che fosse un “mitra libertario” o
un “fez da legionario”. In quest'epoca, dove tanti
steccati del secolo scorso stanno saltando e si aprono nuove strade e
nuove possibilità di riconciliazione, crediamo sia giusto guardare
al passato con occhio critico, per saper discernere ciò che vi fu di
positivo e di negativo. Proprio come l'autore della poesia, che a
distanza di anni ripensa a quei giorni di dolore e in fondo al cuore
riconosce una segreta identità tra lui e il suo antico “nemico
amico”. Perché loro, nel bene o nel male, avevano veramente
lottato, figli di una stessa storia, vittime di un opportunismo
cinico e baro.
Sandro
Righini
LA
CANZONE DI QUELL'APRILE
Vecchio
anarchico Failla
di
Brigata Malatesta
conosciuto
in quell'aprile
di
Milano rossa in festa
tu
deposto appena allora
il
tuo mitra libertario
io
da poco appeso al chiodo
il
mio fez da legionario.
Ben
sapevi tu chi ero,
io
sapevo chi eri tu.
E
a parlar per giorni interi
di
Kropotkin e Gesù.
E
trattarsi da fratelli
figli
entrambi di una storia
io
di qua col cruccio al cuore
tu
di là ma senza boria.
Caro
mio nemico amico
con
la morte a paro a paro
dov'è
più quel tempo antico
così
fosco e così chiaro?
Dove
sono gli ideali
i
tuoi sogni contro i miei?
E
io stesso dove sono
e
tu pure dove sei?
E
chi ha vinto in quell'aprile
della
rossa primavera?
Forse
ha vinto chi non c'era.
Mario
Castellacci
(
Tratto da: SEMI DI
ZUCCA. Versetti antimoderni. Editrice
TAU)