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lunedì 13 gennaio 2014

SERGIO NESI, Leone della X MAS


«UN LEONE DELLA DECIMA MAS»
Così Renato de Robertis definisce SERGIO NESI, eroico soldato del mare che si arrese soltanto alla Morte. Della Sua scomparsa il 13 dicembre dello scorso anno ho notizia appena oggi, epifania 2014, da una rievocazione dell’autore, vox clamantis in deserto 1. La grossa stampa, tanto solerte nel celebrare gli ominicchi vivi che sono morti, tace sugli eroi morti che sono vivi nella Storia e nel cuore degli Italiani degni di questo nome.
Il comandante Sergio Nesi, come altri della “Decima’, dal Principe Junio Valerio Borghese agli ufficiali inferiori, non si è arreso l’8 settembre del ’43: «Che quell’armistizio fosse una tragica bufala, che nascondeva una resa senza condizioni – parole sue – lo abbiamo appreso tanto tempo dopo e, nella sua integrale versione, dopo la fine della guerra» 2.
Come il comandante Borgheseche non era fascista ma, innanzitutto, italianoaveva aderito alla R.S.I. per difendere non il fascismo, ben- sì la dignità della Nazione. La “Decima” e i somergibili erano la parte sana della R. Marina, ben diversa dalla flotta di superficie ‘inspiegabilmente’ inattiva benché di tutto rispetto 3: ancora efficiente, «con un pennello nero di resa in testa d’albero, si arrende a Malta senza sparare un solo colpo di cannone. Una vergogna incancellabile» 4.
Almeno in parte l’hanno cancellata gli arditi del mare della ‘Decima’, perseguitati, calunniati ed emarginati in Patria se non sterminati dalle bande comuniste, ma riconosciuti come leali combattenti dal nemico che rese loro l’Onore delle armi.
«E questi eventi perché non sono raccontati nei libri di storia? Perché nei manuali di storia dei nostri studenti non vi sono spazi per raccontare le vicende dell’orgoglio nazionale? O le storie di coraggio nazionale e coerenza umana come quelle di Nesi?».
Così il de Robertis, che rievoca in chiusura l’ultima vicenda epica dell’eroe: nelle acque di Pescara, prima d’essere catturato dagl’inglesi, sotto il fuoco delle mitragliatrici, gettò in mare alcune bottiglie avvolte nel Tricolore.
«Come D’Annunzio, sul cielo di Pola, nel 1918. E in quelle bottiglie c’erano i messaggi di dalmati e di istriani, di uomini che non volevano arrendersi al comunismo e alla patria italiana svenduta»5.

UN RICORDO PERSONALE
di Ferruccio Bravi

L’ing. Nesi, per quanto autore vigile ed informato, venne a conoscenza tardi e per puro caso del Diario del mio illustre amico Emilio Bianchi 6, operatore dei mezzi d’assalto della “Decima” decorato di medaglia d’oro per l’e-pica incursione nel porto di Alessandria 7.
Egli apprese l’esistenza della pubblicazione da un comunicato da me diffuso nell’ambiente della “Decima” per conoscere alcuni dettagli sui contatti fra i partigiani atesini (non comunisti) e il comandante Borghese in difesa dell’italianità dell’Alto Adige 8.
Nesi riscontrò la mia richiesta con alcuni dati assai utili che inserii in un opuscolo sul Comandante Borghese 9.Gli inviai in omaggio un esemplare rilegato del Diario, che apprezzò trattandone diffusamente in uno dei suoi brillanti saggi 9. Oltre che storico attendibile aveva uno stile elegante e vivace.
Del nostro carteggio rimane una mia lettera di ringraziamento che trascrivo in nota affinché non vada smarrita come già le altre in uno dei miei frequenti spostamenti da allora ad oggi 10.

1

NOTE:
1 Sergio Nesi, il coraggio di un leone della Decima Mas che scelse di non arrendersi (www.barbadillo, 30 XII 13)
2 Ivi: ‘Intervista in dieci domande a Sergio Nesi’, da ‘Associazione Combattenti Xª Flottiglia Mas’.
3 Le superbe corazzate della classe ‘Littorio’ stazzavano nominalmente 35.000 tonnellate secondo i parametri del trattato navale di Washington, ma di fatto superavano le 40.000: almeno ottomila tonnellate in più delle due massime unità britanniche immobilizzate nel porto di Alessandria dagli uomini-siluro della ‘Decima’. In argomento: Ferruccio Bravi, Un po’ fuori del mondo e del tempo, Rievocando la splendida avventura di Emilio Bianchi e di altri arditi del mare, Trento (Tovazzi/Avser) 2010, pgg. 76 e passim.
4 Testuale dall’intervista.
5 Testuale da de Robertis.
6 Emilio Bianchi, Pagine di diario 1940-1945. Memorie di guerra e di prigionia d'un ope­ratore dei mezzi d'assalto della Marina militare italia-na, Note e commento di Ferruccio Bravi, Gruppo di Studio Avuer / Pezzini Editore, Viareggio 1995.
7 Come spesso accade alla produzione non conformista, quel diario edito dal Centro di Studi Atesini (da me diretto:1967-2001) non ebbe recensioni e finì sottobanco nelle librerie; tuttavia, con un’accorta “catena di S. Antonio fu rapidamente smaltito (da allora ad oggi: tre edizioni e tre ri-stampe).
8 Testo del comunicato: «10 aprile 1995 – Alle persone e alle associazioni in indirizzo: sono un vecchio amico della Medaglia d’Oro Emilio Bianchi, eroe di Alessandria e autore di un Diario di guerra e di prigionia apprezzato per l’av-vincente narrazione e, soprattutto, per il valore documentario e l’obiettività nel riferire gli eventi, senza vanagloria e protagonismo, secondo l’etica di Teseo Tesei. Da parte mia ho collaborato nella stesura delle note e dei commenti.
Tale esperienza per me nuova – essendo stato soldato di terra e non di mare e studioso di glottologia e storia locale dell’Alto Adige dove risiedo­­– si estende ora all’indagine di eventi marginali. In particolare: vorrei far luce sugli asseriti contatti del Comandante Borghese e la "resistenza" non comunista dell'Alto Adige e dell'Istria, contatti mirati ad una comune difesa dell'italianità delle due marche di confine insidiate da Gauleiter austriacanti e dalle bande di Tito.
Sull'Istria ho un minimo d'informazione sicura, specie sulle intese fra il Comandante della Decima con Nino Sauro e la M.O. istriana Marceglia, emissario di De Courten; ma sull'Alto Adige, oltre a vaghe testimonianze raccolte in loco, dispongo solo delle opere inaffidabili del Bertoldi e del Rocca. Fra l’altro non so quanto ci sia di vero circa un centro in apparenza 'assistenziale' istituito a Cortina d'Ampezzo dal Comandante Borghese per aiutare i clandestini di Bolzano. Per sincerarmi ho avvicinato alcuni 'partigiani bianchi' alto-atesini, i quali all'ingresso dei c.d. Liberatori erano stati spiazzati dai rossi di Pertini. Tutti reticenti, gli interpellati: sapevo che sulla storia contemporanea gravano formidabili tabù, ma non mi aspettavo tante "bocche cucite" o insincere.
Al dunque, prego i destinatari della presente di comunicarmi eventuali dati nuovi e meno incerti in argomento.
Grato d'un cortese riscontro, con i più cordiali saluti - il direttore del Centro di Studi Atesini Dr. Ferruccio Bravi.
9 F. Bravi, Il Principe, Junio Valerio Borghese, G.S. Avser, Torre del Lago 2002, pgg. 82.
10 Riflessioni sulle "Pagine di diario 1940-1945" di Emilio Bianchi, Ediz. Lo Scarabeo, Bologna 2000.
11 Testo della lettera (Bolzano, 26 XI 1996): «Egregio Ingegner Nesi, Le sono grato per la bella recensione fatta dal Suo "secondo" opportunamente indirizzato da Lei. Bianchi ne sarà lusingato, soprattutto perché apparirà nella prestigiosa rassegna diretta a suo tempo dal compianto dott. Ciabatti che mi onorò della sua amicizia. Spero di vederla pubblicata anche nel Notiziario dell'Ass. Combattenti X Mas e non credo siano d'impedimento le polemiche allusioni a Durand de la Penne, Anzi, mi pare di aver letto proprio su quel notiziario un giudizio non proprio lusinghiero sul personaggio, più che per il suo protagonismo uggioso, per i servizi resi al nemico da cobelligerante badogliano.
Grato anche per il Suo sostegno nella diffusione del Diario che è letto con interesse nell’ambiente della Marina Militare e in particolare, come li chiamano ora, degli "incursori". Cordiali saluti F.B.».



CVRRICVLUM VITAE
(Dati estratti da articoli in rete)
  
Nato a Corticella (Bologna) il 25 maggio 1918. Frequenta l’accademia navale (corso Alcione) dall’agosto 1937 e ne esce come aspirante guardiamarina nel giugno 1940.

Imbarcato sull’incorociatore Montecuccoli con l’incarico di direttore del contraereo fino al luglio 1943. Alla data dell’<<armistizio>>, con il grado di tenente di vascello, frequenta a Portorose (Trieste) il corso di Osservazione Aerea della Marina Militare.
A novembre è richiamato dal Ministero della Marina della Repubblica Sociale Italiana; in servizio nella X Flottiglia MAS alle dirette dipendenze di Junio Valerio Borghese e Mario Arillo.
Nel marzo 1944 assume il comando della Base Operativa Sud di Fiumicino, presso Villa Torlonia sul lago di Traiano, per operare contro le forze da sbarco alleate ad Anzio e Nettuno fino a Giugno, quando l’invasore entra in Roma.
Il 14 maggio 1944, alla guida dello SMA 318, avvistata una corvetta nemica, manovra per avvicinarla. Benché a sua volta avvistato prosegue l’avvicinamento fino a poche decine di metri e con tiro di bombe a getto centra e affonda l’unità.
In una successiva azione nelle acque di Ancona il suo SMA, investito da mitragliamento nemico, affonda. In procinto di essere catturato Nesi getta in mare alcune bottiglie avvolte nel Tricolore contenenti messaggi di Dalmati e Istriani.
Prigioniero in Algeria nel 211 POW e poi nel Campo ‘S’ a Taranto, dal quale evade nell’aprile 1946.
Radiato dai ruoli della Marina e posto in congedo assoluto, ha lavorato come operaio fuochista nello zuccherificio di Bologna, laureandosi al contempo in ingegneria civile.
Assunto nel Genio Civile di Bologna e poi nei ruoli del Ministero Lavori Pubblici nel 1952.
In quiescenza nel 1973 e, successivamente, vice presidente dell’Associazione Combattenti Decima MAS.
Muore a Bologna il 14 dicembre 2013.


 DECORAZIONI
(Dati estratti da articoli in rete)


CROCE DI GUERRA AL MERITO – 1941.
CROCE DI GUERRA AL AL MERITO – 1942.

CROCE DI GUERRA AL V.M. SUL CAMPO: «Diret- tore di tiro c.a. di Incrociatore colpito durante un attacco aereo nemico, portatosi personalmente al complesso reagiva prontamente con tiro intenso ed efficace. Successivamente si prodigava con slancio nelle misure di sicurezza e nella rimessa in efficienza degli impianti avariati e partecipava alla ricerca dei feriti». — Mar Tirreno, 4 dicembre 1942.
CROCE DI GUERRA AL MERITO – 1943.
MEDAGLIA D’ARGENTO AL V. M.: «Comandante di base avanzata di mezzi d'assalto, durante una missione offensiva contro i rifornimenti sulla testa di ponte di An-zio, avvistata una corvetta, attaccava l'unità nemica con bombe antinave, dimostrando somma decisione e gran-de sprezzo del pericolo. Colpita l'unità nemica, che è da ritenersi affondata, dati i danni riportati, manovrava con serena, particolare perizia, riuscendo a trarre in salvo l'unità a lui affidata dalla violenta reazione di fuoco di altre unità nemiche accorse sul punto dello scontro. Esempio di grande coraggio, decisione, serena valutazione del-le situazioni e attaccamento al dovere». – Acque di Anzio, 1944.
CROCE DI FERRO TEDESCA DI SECONDA CLASSE – Acque di Anzio, 25 maggio 1944.
MEDAGLIA D’ARGENTO AL V. M. SUL CAMPO – Brioni – Acque di Ancona, 13 aprile 1945.

 Pubblicazioni di Sergio Nesi sulla “X Mas”:
Decima flottiglia nostra... I mezzi d'assalto della Ma­rina italiana al sud e al nord dopo l'armistizio, Milano (Editrice Mursia, 1987, II edizione, adottato come testo ufficiale dal-l’Ufficio Storico della Marina Italiana. 
  Il cosiddetto "piano De Courten" e la difesa dei confini orientali, in "Storia Verità", n. 22, luglio-agosto 1995.  
Rivisitando storie già note di una nota flottiglia. Parte prima: Riflessioni sulle "Pagine di diario 1940-1945" di Emilio Bianchi, Diario di guerra di un ignoto marò del btg. Barbarigo a Nettuno. Parte seconda: una fallita " Pearl Harbour", a Livorno. Attacchi al ix Korpus jugoslavo alla frontiera orientale, Bologna (Lo Scarabeo) 2000-2003.  
Un alcione dalle ali spezzate, Bologna (Lo Scarabeo) 2003.  
Junio Valerio Borghese: un Principe, un Comandante, un Italiano, Bologna (Lo Scarabeo) 2005 (opus magnum). 
  Scirè. Storia di un sommergibile e degli uomini che lo resero famoso, Lo Scarabeo, Bologna, 2007.  
Ozegna, 8 Luglio 1944, Lo Scarabeo, Bologna, 2008.
Fonti bibliografiche:
Bagnasco Erminio, I MAS e le motosiluranti italiane (1906-1968), a cura dell'Ufficio Storico della Marina Militare, R o m a (Ediz. U.S.M.) 1969, II ediz., passim.
Bianchi Giovanni, Teseo Tesei e gli assalitori della Regia Marina, Marina di Massa (Edizioni Sarasota) 2005, passim.
Borghese Junio Valerio, Decima Flottiglia M.A.S.: dalle origini all'armistizio, Milano (Gar­zanti) 1971, III ediz., passim.
Bravi Ferruccio, Squarci di controstoria: il Principe Junio Valerio, Lucca (Auser) 2004, II ediz., pgg. 35, 42, 44, 48, 52-54, 89.
stesso, “Un po’ fuori del mondo e del tempo…”, edizione su CD-R in attesa di stampa, Trento (La Réclame) 2010, pgg. 30, 79-80, 98, 131.
De Felice Sole, La Decima Flottiglia Mas e la Venezia Giulia 1943-45, Roma (Edizioni Settimo Sigillo) 2003, II ediz.
De Risio Carlo, La X MAS contro gli anglo-americani dopo l'armistizio, su «Nuova Storia Contemporanea,» Anno XVII 1 gennaio- febbraio 2013, pgg.100-101, 104-105, 109.

Ghetti Walter, Storia della Marina Italiana nella seconda guerra mondiale, i-ii, Milano (De Vecchi Editore) 1968.

Guglielmotti Umberto, Storia della Marina Italiana, R o m a-Milano (Vito Bianco Edit.) 1961, ii ediz.

LA BELLA PROSA DI SERGIO NESI
«Un libro da leggere due volte»
PAGINE DI DIARIO 1940-1945 Di Emilio Bianchi
Bianchi è un marinaio anomalo, nato nell’alta Valtellina. Cosa gli passò per la testa di partire volontario in Marina…
Divenne una leggenda del mare.
I grandi silenzi delle valli alpine sono sempre rimasti in lui e ne hanno forgiato il carattere, assieme ai grandi silenzi delle profondità marine.
Tutto questo lo si ritrova nella narrazione, sorprendentemente semplice, lineare, calma, mai sopra le righe.
Il testo, per gustarlo appieno, occorrerebbe leggerlo due volte. Le numerosissime e necessarie annotazioni di Ferruccio Bravi interrompono il ritmo, la ‘suspense’, l’emozione, la commozione, con i particolari storici degli avvenimenti e l’interpretazione, per i profani, dei termini marinareschi.
La seconda lettura, una volta assimilato il contenuto delle note, scorre, veloce, piana.
La sconcertante semplicità di linguaggio mi fa apparire Bianchi come un buon nonno antico, che racconta le sue storie ai nipotini raccolti attorno a lui, accanto a un focolare acceso.
Transunto da: Rivisitando storie già note, vol. I


martedì 7 gennaio 2014

Parole d'Oro: il Cucco


La famiglia del cucco
Non tutti hanno un rapporto equilibrato con il danaro. C'è chi lo spende come spenderebbe il pensiero   che è inesauri­bile   e chi in­vece fa economie sballate, come andare al la­voro in auto per risparmiare il biglietto del tram. Quando si taglia nelle spese minute e si lar­gheggia nel resto, i fiamazzi dicono tegnir da la spina e molar dal caocon, da intendere: ‘stringere la spina della botte e spillare allegramente il vino togliendo lo zaffo’. Il detto è ben noto dal Veneto all'Engadina.
Il caocón – occorre spiegarlo? – è il tappo della botte o del tino, fatto di legno a tronco di cono e av­volto in tela o canovac­cio. In buona lingua si chiama cocchiume, parola nobile, ma non così espressiva come la fiamazza.
Caocón viene da cucco e ci riporta a età immemorabile: infatti si defi­nisce "più vecchio del cucco" tutto ciò che sfida il tempo e la pazienza della gente. Cucco vuol dire 'cucuzzolo' e ha dato il nome a Montecuccoli, a Moncucco / Guggen-berg e a vari Cucal che sono montagnole a forma di polenta. Un tempo il Cücal di Tesero do­veva essere tondo come quello di Anterivo che pare appena scodellato da un enorme paiolo.
La parola cüco nel senso di 'cuculo' viene in­vece dal richiamo del maschio, dall'insistente "cucù" che risuona canzonatorio quando ci troviamo di­sorientati nel bosco.
Secondo un antico pregiudi­zio, il cuculo occupa il nido altrui e per questo una volta si di­ceva «'l va cüco» se un tale si ammo­gliava e andava a vivere in casa della sposa.
Da cucco a ciucca il passo è breve. Dalle Venezie ciucca si è diffuso in tutta Italia a significare ‘sbornia’.
In Fiemme chi fa la ciüca di festa, e ma­gari pure di sabato, si chiama ciüchèra.
Stando all'etimologia il ciüchera dovrebbe essere imbevuto d'acqua. Invece, lui, l'acqua non la vuol vedere né scritta né dipinta: "infradicia i ponti", dice, "arrugginisce la secchia", insomma fa male e, per contro, il vino esalta la personalità e il senso del dominio. Infatti, quando è in cimbali si sente sicuro, tiene per sé tutta la strada, pendolando da un bordo all'altro.
Già nel suono della parola il ciüchera ha un non so che di solenne e ri­sveglia reminiscenze classiche: me lo figuro ornato di pampini e ghirlandette, scortato da due compari anche loro alticci e canterini.
La solennità gli è conferita dall'efficacia espressiva del voca­bolo, in spe­cie dalla terminazione -èra, degna d'un grande di Spagna.
In passato la gente era devota a Bacco molto più di oggi come conferma una ricca terminologia: accanto all’usuale voce ubriaco, la tradizione allinea sinonimi pittoreschi in parte desueti. Nella lingua comune ve ne sono una cinquantina più un buon numero di locuzioni. Fra i più pregnanti: cotto, concio, incagnato, spran­ghetto, imballato, pinzo, imbronzinato, ciuschero, trincone, ciuschero, in bernecche, alla banda, in gloria, in scilloria.
Nel fiamazzo ne trovo assai meno. Accanto al già ricordato ciüchèra che richiama ciütera, la fiasca (che ben si accorda con ciucciare e chi troppo ciuccia prende la ciucca) troviamo embriaghèra stemperato poi, con una punta di indulgenza, in ‘mbriaghèla che va col toscano bria’ella. Oltre alle varianti ciüchetón ed embriagón non trovo altri sinonimi nel dialetto.

giovedì 2 gennaio 2014

Nel regno di Saturno


PAROLE D’ORO
di
TESERO, FIEMME E «FÖRAVIA»
___________________
Divagazioni fra lingua e tradizione
a cura di:

Ferruccio Bravi e Tarcisio Gilmozzi

Rielaborazione ampliata e aggiornata di alcuni capitoli dell’edizione a stampa (esaurita) in 8°, di 154 pagine + 7 tavole f.ta colori da tempere dell’artista fiemmese
Bepi Zanon
,.
a richiesta sarà inviato in omaggio un estratto deltesto più ampio e
correttamente impaginato (contattare: silvalentauser@hotmail.it)




Preambolo

È una selezione della rubrica "Parole de or" che per molte domeniche ha intrat­tenuto gli ascoltatori di Radio Fiemme 104. Perché parole d'oro? Pre­sto detto: nella parlata del paese di mia Madre ­– Tesero in Val di Fiemme, inclito borgo di circa 3000 anime che gode fama di ‘Patria de i Sapientoni’ – soprav­vivono voci preziose; preziose nel senso che hanno conservato l'antico suono e la carica espres­siva originaria. Alcune di queste voci hanno co­lore e musicalità 'toscana'; altre, come certe bacche mature, hanno un contenuto denso e succoso da valere un discorso. Su questa torta metto ancora una chicca: la s sorda pure ‘toscana’ accanto a quella dolce veneta. È una s quanto mai asperrima a Tesero e solo a Tesero, secondo me la stessa dei mediterranei Reto-Etruschi stanziati in antico sulle Alpi Orientali. Un blasone glottologico, per cui rimando al capitolo Una S con tanto di cappello.
Le parole fiamazze sono da mettere in cornice. E in cornice abbiamo voluto metterle mio cugino Tarcisio e io. Non ci siamo limitati ad allineare una serie di vocaboli con i rispettivi significati e l'indicazione delle origini; ma li abbiamo aggan­ciati, i vocaboli, al quadro d'ambiente con opportuni ri­chiami alla sag­gezza e alla se­rena quiete del buon tempo an­tico. L'oro delle parole, dunque, non sta nel voca­bolo in sé, ma essenzialmente in ciò che esso contiene, vale a dire nel portato ideale ed affet­tivo che vi è racchiuso.
Certe parole sono da salvare perché si avviano a scomparire o, quanto meno, a sopravvivere come gusci vuoti. In questa prospettiva abbiamo recuperato non solo i vocaboli estinti o in via di estinzione, ma anche quelli tuttora vitali in un conte­sto cul­turale che non esiste più.
L'etimologia, risalendo all'origine della parola, comporta un assiduo va-e-vieni da un dialetto all'altro e al tempo stesso un saldo ancoraggio alla buona lingua. In questo campo mi sono sbizzar­rito io, non proprio forèsto in valle benché vissuto altrove più di tre quarti della mia irrequieta esistenza. Il coautore Gilmozzi. è teserano spòtico, innamorato del dia­letto come Dante dell'idioma gentile: e se Radio Fiemme non gli assorbisse tutto il tempo li­bero, state sicuri che vi regalerebbe un poema tutto in fiamazzo. Insomma: siamo due soggetti dissimili, ma bene appaiati nell’interesse culturale.
Per la competenza lessicale abbiamo utilizzato le note raccolte dei due Zorzi, Aldo e Narciso, e di D. Angelo Guada­gnini, affidabili in specie per le voci an­tiquate.

F.B.

 

Saór da ‘sti agni
SAPORE DEL PASSATO


Di Bepi Zanon, illustratore di questa pubblicazione, hanno scritto: «Affabile e dotato di vasta cultura artistica e scientifica è estroverso e brillante nel conversare, quanto solenne e sublime nell’espressione pittorica: non solo nel ritrarre la Natura, ma anche nelle scene d’interno».

 
Scene, come questo Ritorno dalla pesca, vive nella luminosa tessitura dei colori. La luce che nel dipinto seguente si effonde dalla fiamma in un gioco di chiarori e riverberi, qui filtra discreta a illuminare la serena intimità della costumata famigliola rurale.



Nel regno di Saturno
Falciare a mano è un'arte sempre meno pra­ticata. E in un certo senso è un rito: c'è chi at­tribuisce un significato magico-reli­gioso ai ge­sti che accompagnano l'opera del falciatore o ai sim­boli che ne decorano gli attrezzi.
A Trodena – villaggio di lingua tedesca integrato nella Magnifica Comunità di Fiemme – è tuttora viva la tradizione di fal­ciare ‘a ruota’ disegnando spirali e vor­tici. È un riflesso del culto solare. Così pure le croci, le stelle, le corna, le teste di serpenti, in­cise sui foderi dove si riponeva la falce fienaria per tenere lontane le streghe e le serpi. E il far "cantare" la lama, prima d’iniziare il la­voro e nelle pause, scaccia i folletti che mandano a male il fieno appena tagliato. Folletto o gigante, si riconduce al culto del sole anche il salvanèl che a Tesero bada ai fatti suoi, ma altrove fa dispetti e guasta i lavori dell'uomo. Se ne parlerà più avanti a proposito di Silvano, divinità solare prima che silvestre.
Credenze agresti e residui del culto antichissimo di Saturno sono penetrati nelle nostre valli in età più recente, quando i Romani intro­dussero nella Rezia le loro tecniche, i loro attrezzi e la termino­logia della fienagione.
Ad es. secare: in latino vuol dire anche ‘tagliare’ in particolare il foraggio; ne derivano sia il trentino siegar che lo spagnolo segar, ambedue col significato di ‘falciare’. Segare si usa con tale accezione anche nella buona lingua: «La gente che sega le magre sue messi» (D’Annunzio).
Mi par di ravvisare un riverbero del culto di Saturno nel Latercolo del Sator, cioè del seminatore. Questo latercolo, definito ‘quadrato magico paleocristiano’, è diffuso in una vasta area del nostro continente; in Italia in particolare dalle Alpi alla Campania. L’attestazione più recente l’ho rinvenuta nella ritirata di un corridoio di ronda di Castel Mareccio a Bolzano. Risale al XVI secolo e fu nota ben prima di quella pompeiana (graffito anteriore all’eruzione del 79 d. C., rivenuto nel 1936).
Il quadrato contiene cinque parole così disposte e leggibili nei quattro sensi:

S A T O R
A R E P O
T E N E T
O P E R A
R O T A S

Formano una frase latina traducibile letteralmente: ‘il seminatore Arepone tiene con l’opera le ruote’. Il senso sfugge, tanto che le interpretazioni, in quasi quasi venti secoli, non si contano e fanno a pugni fra loro. La zuffa più accanita infuria sul nome Arepo accaparrato dai tedeschi in una con Aribone ed Arbeone, personale di là da venire, ma presente in Italia fino alla Sicilia.
Un po’ per celia e un po’ per non mancare, sparo qui la mia interpretazione che non sfigura troppo rispetto alle altre: ‘Saturno Creatore governa le ruote del creato col suo operare’ (arepo < mediterraneo *ar- ‘fare, creare’ da cui anche Aremia epiteto di Reitia creatrice, la Madre Terra dei Reti e dei Veneti).
Sulla matrice cristiana del quadrato gli esperti sono divisi da evidenti contraddizioni. Nondimeno negli Anni Venti due studiosi, Sigurd Agrell e Felix Grosser, l’uno all’insaputa dell’altro, disposero in croce le lettere del latercolo in modo da leggere due volte "Pater Noster" con l'avanzo di due A ed O significanti l'alfa e l'omega, il principio e la fine:

A P Ω
A
T
E
R
P A T E R N O S T E R
O
S
T
E
A R Ω
Il mistero perdura. Per un panorama delle infruttuose indagini segnalo lo studio, ‘quadrato’, – sì. per acume ed esattezza d’informazione –di Rino Cammilleri: Il Quadrato Magico, un mistero che dura da duemila anni, Milano (Rizzoli, BUR) 2004.