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sabato 22 novembre 2014

LUISA ZENI, IRREDENTISTA TRENTINA

Ho incontrato la figura di Luisa Zeni, grazie al prezioso lavoro di riscoperta di misconosciute ma fulgide figure della storia patria operato da Ferruccio Bravi. Letto il breve articolo che illustra i meriti dell'irredentista trentina, ho pensato bene di condividerne il racconto con i lettori del nostro sito. Perché in quest'epoca sordida, dove miseri omuncoli dettano legge, dando ai cittadini i peggiori esempi possibili, non c'è niente di meglio che rinfrancare la propria memoria con il ricordo di uomini e donne di ben altra statura morale. Donna nell'accezione latina del termine – Domina = Signora – Luisa Zeni si staglia come una montagna di fronte a noi, a cui dobbiamo guardare con reverenza e ammirazione per aver dimostrato profondo senso di abnegazione all'ideale e una tempra d'acciaio degna di un'eroina dell'antichità. Laddové nessun uomo osò spingersi, lei si addentrò, bellissimo esempio di dedizione alla Patria.
L'articolo si divide in due parti, a firma di Alain Charbonnier,  estratti da suoi più lunghi articoli intitolati "Luisa Zeni. Un agente segreto italiano nella grande guerra" e “Donne agenti segreti che agirono nel risorgimento”.

Sandro Righini
 
Luisa Zeni.
Un agente segreto italiano nella grande guerra


"Nata ad Arco in Trentino nel 1896, figlia di un fabbro, Luisa Zeni perse la madre piccolissima, visse nei primi anni del XX Secolo, nel clima di crescente tensione fra italiani e tedeschi all’interno dell’Impero Austro-ungarico. Di sentimenti irredentisti, in un Trentino lacerato fra la secolare fedeltà agli Asburgo ed il richiamo nazionalistico dell’Italia, Luisa passò il confine nel 1914 svolgendo nei mesi seguenti propaganda a favore dell’intervento italiano nella Grande Guerra nel Comitato degli Irredenti Adriatici e Trentini.
Alla vigilia dell’entrata in guerra, il Comando della 1ª Armata, schierata sul fronte trentino, svolge una azione di reclutamento per trovare dei trentini disposti, una volta passato nuovamente il confine a compiere un’azione informativa atta a conoscere i movimenti nemici da Ala fino al Brennero.
Lasciata Milano il 22 maggio, Luisa passò il confine a piedi col nome di Josephine Muller, espulsa per ragioni politiche. Conoscendo perfettamente tanto il tedesco che il territorio trentino, nel corso delle settimane seguenti la Zeni svolse ad Innsbruck una preziosa opera informativa, raccogliendo numerose informazioni che, annotate su minutissimi foglietti, nascose all’interno dei bottoni. Tale precauzione le servì alcune settimane dopo quando, arrestata alla fine di luglio, riuscì a discolparsi, scampando così la sorte di altre spie avviate all’esecuzione in quello stesso periodo.
Elusa la sorveglianza austriaca e travestita in abiti maschili, raggiunse poco tempo dopo la Svizzera, passando il confine a Feldkirch.
Rientrata in Italia, frequentò nell’inverno del 1915 la scuola per infermiere della CRI, venendo assegnata a diversi ospedali dove presterà servizio fino alla fine della guerra.
In ricompensa del servizio reso al Paese le verrà concessa la Medaglia d’Argento al Valor Militare [...]."
Alain Charbonnier

"Donne agenti segreti che agirono nel Risorgimento"



" [...] Un nome per tutti: Luisa Zeni, alias Josephine Müller, decorata di Medaglia d’Argento al Valor Militare, lei donna e civile.
Era stata reclutata nel 1915 dal colonnello Tullio Marchetti, un asso dello spionaggio, capo del Servizio Informazioni Truppe Operanti (ITO).
Nel suo “Ventotto anni nel Servizio Informazioni Militari (Esercito)” il colonnello Tullio Marchetti racconta che Luisa Zeni fu l’unica persona, fra i fuoriusciti trentini ad accettare l’incarico di operare per lo spionaggio italiano. La guerra non è ancora scoppiata, anzi l’Austria è formalmente ancora con l’Italia nella Triplice Alleanza.

Un’amicizia diffidente, con l’Evidenzbureau che “cura” una rete di spie in Italia e il Servizio Informazioni italiano che crea un reseau d’informazione in Trentino e Tirolo.
A Brescia le impartii le direttive – racconta Marchetti – le diedi inchiostri simpatici, un po’ di denaro – ne richiese il minimo per vivere e null’altro – ed alcuni recapiti in Svizzera fornitimi dall’a. Prato (barone Silvio Prato agente italiano in Svizzera n.d.r.), cui avrebbe dovuto indirizzare la corrispondenza”.
Il 22 maggio 1915 Luisa Zeni passa il confine ed entra in territorio austriaco nella zona di Ossenigo. Intercettata e fermata da una pattuglia austriaca, si presenta come Josephine Müller, dichiara di essere fuggita dall’Italia per rientrare in Austria. Accompagnata ad Ala e perquisita, i documenti falsi reggono all’esame e viene fatta proseguire. Raggiunge avventurosamente Innsbruck in treno e scende all’Union Hotel, luogo pericoloso ma anche miniera di informazioni, frequentato com’è dagli ufficiali dei comandi stanziati in città.
Scrive ancora Marchetti: “Fra quello che vide, fra quello che raccolse dai suoi conterranei, che abilmente spulciava, o che con lei si aprivano spontaneamente, mandò all’a. Prato parecchie relazioni con notizie militari precise, ottime, dimostrandosi molto tagliata per una simile incombenza”.
Fra il 22 maggio e il 9 agosto Luisa Zeni gioca un rischioso rimpiattino con la polizia e l’Evidenzbureau. Essere smascherata significa il Tribunale Militare e la sicura condanna a morte. In ogni occasione però l’agente italiana mantiene il suo eccezionale sangue freddo. Alla fine di luglio è arrestata e Marchetti scrive che
“con femminile abilità se la cavò”.
Non fugge da Innsbruck, che sarebbe stato come confessare, ma ormai non può più sostenere di essere Josephine Müller e il cappio della forca le appare all’orizzonte. Il 6 agosto 1915 deve abbandonare la partita. Raggiunge a piedi una piccola stazione fuori città, sale su un treno, affollato di rimpatriandi italiani e diretto in Svizzera, alla stazione di confine di Feldkirch beffa i gendarmi austriaci e si ritrova in territorio neutrale.
Tullio Marchetti va ad accoglierla a Milano per sentire direttamente le ultime notizie. Subito dopo Luisa Zeni cessa di essere alle sue dipendenze.
A guerra finita, Marchetti la propone per una decorazione al valore con questa motivazione: “... è certo che essa, conscia dei pericoli sui quali andava incontro, diede prova di grande ardimento, arrischiando la vita, soprattutto nella sua qualità di trentina, e ciò per puro amore di patria e non per denaro, avendo essa compiuto fino al limite del possibile il suo servizio con il minimo di spesa e senza guadagno di sorta, né diretto né indiretto…. Il suo agire arditissimo e nobile ebbe ed ha un valore maggiore che se fosse stato compiuto da un uomo, dato che nessun uomo si è sentito di fare quanto la Zeni ha fatto. – Il Colonnello già Capo Uff. Inf. della I Armata Tullio Marchetti.”
Una volta tanto la burocrazia non pone ostacoli. La Zeni riceve la sua Medaglia d’Argento. Non paga, si imbarca nell’avventura fiumana e si adopera come crocerossina. Questa volta si guadagna l’ammirazione di Gabriele D’Annunzio che parla di lei come
“creatura ammirabile”
Nel libro di memorie, “Briciole”, edito nel 1926, Luisa Zeni racconta la sua storia di spia, ultimo agente segreto al femminile del Risorgimento. Altre donne seguiranno il suo esempio negli anni, nella buona e nell’avversa fortuna, soprattutto nella Seconda Guerra Mondiale. Ma questa è un’altra storia."

Alain Charbonnier