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giovedì 29 dicembre 2011

Affinché si "spezzi la corda", medita e decidi

"Con l'inizio del nuovo anno il Gruppo di Studio AVSER invia questo messaggio di buon augurio, con la speranza che tutti gli italiani degni di questo nome ne recepiscano il significato e lo traducano in azione."

Caro amico,

mi giunge da un italiano con gli attributi una geremiade verace e circostanziata da diffondere. La diffondo, ma siccome la diagnosi serve a una mazza se non segue la terapia, ci aggancio una ricetta blanda che ritengo tuttavia risolutiva.

Leggi e facci un pensierino

Ciao, auguri per l’anno testé cominciato che nei sogni o per merito degli uomini di buona volontà sarà meno infelice del vecchio.

Affezionatissimo Silvano Valenti de Wiederschaun – San Bernardino in Avila.


ALLEGATO:

LO STATO chiede di aumentare l'età delle pensioni e pagare l’ICI sulla prima casa perché in EUROPA tutti lo fanno.

NOI CHIEDIAMO IN CAMBIO:

di arrestare tutti i politici corrotti, di allontanare dai pubblici uffici tutti quelli condannati in via definitiva perché in EUROPA tutti lo fanno, o si dimettono da soli per evitare imbarazzanti figure.

NOI CHIEDIAMO

di dimezzare il numero di parlamentari perché in EUROPA nessun paese ha così tanti politici!!

NOI CHIEDIAMO

di diminuire in modo drastico gli stipendi e i privilegi a parlamentari e senatori, perché in EUROPA nessuno guadagna come loro.

NOI CHIEDIAMO

di poter esercitare il “mestiere”di politico al massimo per due legislature come in EUROPA tutti fanno!!

NOI CHIEDIAMO

di mettere un tetto massimo all’importo delle pensioni erogate dallo Stato (anche retroattive), max 5.000,00 euro al mese di chiunque, politici e non, poiché in EUROPA nessuno percepisce 15/20 oppure 37.000,00 euro al mese di pensione come avviene in ITALIA

NOI CHIEDIAMO

di far pagare i medicinali visite specialistiche e cure mediche ai familiari dei politici poiché in EUROPA nessun familiare dei politici ne usufruisce come avviene invece in ITALIA dove con la scusa dell’immagine vengono addirittura messi a carico dello Stato anche gli interventi di chirurgia estetica, cure balneotermali ed elioterapioche dei familiari dei nostri politici!!  á

CARI MINISTRI

non ci paragonate alla GERMANIA dove non si pagano le autostrade, i libri di testo per le scuole sono a carico dello stato sino al 18° anno d’età, il 90% degli asili e nidi sono aziendali e gratuiti e non ti chiedono 400/450 euro come gli asili statali italiani!!

IN FRANCIA

le donne possono evitare di andare a lavorare part time per racimolare qualche soldo indispensabile in famiglia e percepiscono dallo stato un assegno di 500,00 euro al mese come casalinghe più altri bonus in base al numero di figli.

IN FRANCIA

non pagano le accise sui carburanti delle campagne di Napoleone, noi le paghiamo ancora per la guerra d’Abissinia!!

NOI CHIEDIAMO A VOI POLITICI che la smettiate di offendere la nostra intelligenza, il popolo italiano chiude un occhio, a volte due, un orecchio e pure l’altro ma la corda che state tirando da troppo tempo si sta spezzando.

Chi semina vento, raccoglie… tempesta !!!

SE APPROVI, PUBBLICA E DIFFONDI QUESTO MESSAGGIO E CHIEDI AD ALTRI DI FARLO!!!!!





AGGIUNGO DI MIO:



VUOI  ATTERRARE  IL MOSTRO? FA LA TUA PARTE:

La disfatta del ’45 ci ha tolto vasti lembi di territorio e indipendenza, chiavi di casa e dignità; e per sommo scempio ci ha elargito la democrazia che, almeno come l’abbiamo subita per oltre mezzo secolo, non è governo di popolo ma suicidio di popolo.

La nostra ‘democrazia’ offre il peggio, quella altrui dà la possibilità di scegliere nel mazzo della mediocrità, fra squallidi soggetti dei quali il più pulito ha la rogna. Tedeschi, francesi e pochi altri hanno scelto la rogna e sono alquanto meno depredati di noi italiani. Fuori metafora: hanno scelto i meno sudici e i meno ladri che hanno elargito ai sudditi i ‘privilegi’ anzidescritti.

Aprite gli occhi alla realtà: l’Italia sta precipitando nella dissoluzione definitiva, gli italiani sono alla soglia della miseria materiale oltre che morale alla quale i più sono assuefatti. La redenzione – non parlo di quella promessa ai gonzi da una Chiesa in peccato mortale che regge il sacco ai pirati democristi  e marxisti – non si consegue con proteste e piagnistei, e tantomeno con struggenti rimpianti nel ricordo dell’Uomo appeso per i piedi che governò senza rubare e costruì nuove città, non castelli di chiacchiere. Volete liberarvi dalla canaglia? Passate ai fatti. Occhio per occhio, dente per dente: chi colpisce nella borsa sia colpito nella borsa.

Come fare? Caro lettore che scuoti la testa rassegnato e mi giudichi matto, datti una smossa e se ci riesci fa come me e se puoi più di me. Tu non mi crederai, ma chi mi conosce sa che uso le gambe e non più l’auto, che acquisto il minimo necessario nelle bottegucce alla faccia delle Coop che arricchiscono i caimani rossi. Quanto all’informazione da anni ho rinunciato a radio, tv, quotidiani e periodici. Niente spettacoli, niente libri che diffondono incultura e proposte oscene della sovversione rossa; mi limito alla navigazione in rete che mi consente di sapere e di far sapere quel che voglio quel che mi occorre e mi piace; e mi ristoro con buona musica e cine-capolavori su CDR acquistati a prezzo onesto a Caracas. E infine: alla faccia dei miei ottantotto anni, senza acciacchi, persisto nell’attività fisica che infonde coraggio e tonifica la mente. Posso permettermi di fare tutto questo perché sono un pitagorico, poco mansueto, ma inattaccabile dal virus democratico.

Ma tu? Attossicato al limite dal Sistema sei stremito e non ce la fai? Beh, almeno reagisci con piccoli‘ tagli’ che scalfiranno d’uno zinzino i grossi ‘tagli’ che ti sgomentano.

O aspetti alla finestra, senza sacrificare un’unghia, che la baracca sia atterrata da una sacrosanta insurrezione popolare? Pensi di guadagnare stando con le mani in mano? Gutta cavat lapidem; sine sacrificio non est redemptio. Non intendi il latino emarginato come ‘fascista’ e antidemocratico? Traduco a senso: goccia a goccia si scava anche la roccia. Senza lilleri non si lallera. Se vuoi recuperare libertà e dignità e salvare gli spiccioli che ti restano in tasca devi pur fare qualche rinuncia.   

Se non ce la fai a rinunciare togli la terra sotto i piedi alla tirannide democratica a colpi di spillo. O vuoi l’asina e i trenta danari? Al più, con poca fatica, puoi avere la pulce e il centesimo che vale. Ti dico subito come guadagnare l’una e l’altro.

Non perdere l’occasione di dare una puncicatina alla Bestia. “Tutto serve” diceva ilnostromo che faceva pipì in mare. Un esempio: quando ti abbeveri al teleschermo prendi nota dei prodotti pubblicizzati e boicottali. Sai bene che il produttore recupera l’importo versato alla Rai per la pubblicità alzando il prezzo del prodotto e sai pure che se acquisti quel prodotto aggiungi ancora un nocciolino al già esoso canone Rai. Puo invece acquistare prodotti non  reclamizzati in TV, magari di qualità migliore, risparmiando quale euro. E dài così la puncicatina al Mostro. Immagina che ogni italiano scarnificato dal Sistema, dia un piccolo taglio del genere non solo nelle compere giornaliere ma in ogni altra occasione  – anche fiscale, signorsì – di lì a un paio d’anni il Mostro si morderebbe la coda.

Se sei d’accordo datti una regolatina e diffondi questo fervorino per rete e magari a stampa. Se lo stampi, mettine una copia sotto il tuo cuscino e scorrilo dopo la preghierina al Signore Iddio che, si suol dire, non paga il sabato ma alla fin fine pareggia i conti.

sabato 17 dicembre 2011

1866 a più voci - Achille Ragazzoni


Un trentino caporale dell'esercito austriaco e due garibaldini raccontano la terza guerra d'indipendenza sul fronte giudicariese partendo da punti di vista diversi, ma accomunati dalla stessa umanità e dallo stesso spirito <<cavalleresco>> completamente scomparso dalle guerre del XX secolo.
Il testo di Valerio Deflorian era fin qui inedito, quello di Ulisse Barbieri non veniva più ristampato integralmente dal 1866 e quello di Giovanni Saccomani dal 1911.
I diari sono introdotti da Achille Ragazzoni, che offre una sintetica visione della guerra del 1866, anche nell'ottica della riscoperta della cosidetta <<scrittura storica popolare>>, recentemente rivalutata dalla storiografia più sensibile alle vicende della <<gente comune>>.

INDICE

Presentazione - pag. 7
Introduzione  - pag. 9

Giovanni Saccomani 
Rimembranze di un fantoccio - pag. 29

Ulisse Barbieri
Scene del campo - I volontari nel Tirolo -
Memorie d'un garibaldino - pag. 47

Valerio Deflorian
Giornale dei avenimenti durante la guerra del 1866 - pag. 89

Bibliografia - pag. 107


I FUOCHI DEL MONTE

Splendon fuochi alla montagna!...
Sentinella!... chi va là!... 
Viva Italia e Garibaldi!...
Accenniam dove si va...

Come il fuoco avvampa e avvanza,
Camminiam per valli e monti,
Per mostrar le nostre fronti,
Fermi al lampo struggitor...
Denso il velo della notte
Tutto copre l'orizzonte,
Pur scintilla su quel monte
Una fiamma e s'alza al ciel!
E' il saluto che il fratello
Riconcambia col fratel!...

La fatica dei diruppi
Di?... Figliuol non ti spaventa?...
L'imboscata che ti tenta
Al sospinger d'ogni pie?...

Tenti pure l'imboscata
Il moschetto tirolese
Gli sarà così palese
Come in faccia a Lui, si sia.
Vogliam dire a Garibaldi
Che ciascun per Lui morrà!...

Splendon fuochi alla montagna,
Sentinella!... Chi va là!...
Viva Italia e Garibaldi!
Accenniamo dove si va...
Ma non temi che bersaglio
Del nemico che t'aspetta
Non ti colga dalla vetta
Colla bomba il cannonier?...

Se scagliata dal tedesco,
Ben venuta la bombarda!...
Che a rispondergli non tarda
Dal suo posto l'artiglier!...

Sovra i capi a tenda i cieli
I macigni ad origliere,
Il pensier drizziamo aneli
Alla patria ed al dovere.

Camminiam tra le procelle
E con esse il nostro grido
Scorre altier di lido in lido
Di vittoria annunziator!...

Splendon fuochi alla montagna!...
Sentinelle!... Chi va la?...
Siam fratelli che portiamo
Dietro a noi la libertà!...


Disponibili diverse copie del volume presso il Gruppo di Studio AVSER
 

lunedì 28 novembre 2011

La Dalmazia vista da un dalmata - Giuliano De Zorzi



Giuliano De Zorzi parla non da pretensioso cattedratico, ma da semplice cittadino del libero Comune di Zara in esilio; in questa veste, con espressione sobria e cattivante dominata a tratti da una forte tensione emotiva, rifà la storia della sua Dalmazia, della nostra Dalmazia dimenticata ma non perduta, perché un giorno dovremo pur tornare sulla negata quarta sponda. Nell'esposizione il lettore troverà cose in parte già note e piccole curiosità forse mai raccontate che arrivano al cuore e al tempo stesso restano impresse nella mente come realtà, non come vana astrazione.
Giuliano significa a parole, non per immagini. So che a far conoscer la Dalmazia attraverso le diapositive, ne verrebbe fuori una telenovela di cento e cento puntate. Per questo l'iconografia è qui ridotta ad una serie di illustrazioni che, per lo più, danno voce al linguaggio delle pietre: pietre venerande che narrano di Roma, di Venezia e d'Italia, pietre dei monumenti di Zara, di Spalato, delle isole incantate che inghirlandano la costa, giù giù fino a Ragusa già civilissima Repubblica, a buon diritto quinta delle nostre Repubbliche marinare.
Il quadro è abbozzato a grandi linee da sobri tocchi di pennello. Al particolare si accede consultando la Guida alle fonti che attraverso i titoli, opportunamente articolati e spesso commentati, intende ricomporre il tessuto storico e culturale della generosa regione dalmata. 




SOMMARIO

5 - DUE PAROLE DI PRESENTAZIONE

11 - LA DALMAZIA A VOLO D'AQUILA: .1 Orografia .2 Etnologia .3 Preistoria .4 Roma .5 Alto Medioevo .6 I barbari .7 In attesa dei tempi nuovi .8 I tempi nuovi .9 Le mille e una notte .10 Ragusa .11 Venezia .12 Campoformio .13 Fascismo .14 Epilogo .15 <<Ricòrdati e aspetta>> (D'ANNUNZIO)

35 - ALCUNE IMMAGINI

77 - GUIDA ALLE FONTI

83 - I: I luoghi (.1 I municipi .2 La toponimia storica)

125 - II: Vita e cultura

167 - III: Le figure emergenti (.1 Dalmati illustri e benemeriti .2 Uomini illustri di presunta o dubbia origine dalmata .3 Dalmati d'elezione .4 Dalmati d'altra estrazione)

245 - VARIA: .1 I primati .2 <<El Sì>> (SABALICH) .3 Notabilia



L'AUTORE AL LETTORE 

Giuliano De Zorzi nelle vesti di attore teatrale
 

Queste poche pagine, esposte nel modo più semplice e breve che mi è stato possibile per cercare d'interessare e di illuminare anche il lettore più frettoloso e superficiale, sono accompagnate da una massiccia <<Guida alle fonti>> elaborata dal Prof. FERRUCCIO BRAVI e dal Dott. ERMANNO GIUNCHI, ambedue di Bolzano, che ringrazio caldamente per la loro disinteressata e generosa collaborazione. 
Il testo vuole solo esprimere e far comprendere uno stato d'animo, la guida è consegnata in eredità alle generazioni future, affinché gli Italiani che un giorno inevitabilmente abiteranno la costa dalmata abbiano modo di conoscere l'identità di quelle pietre e il sapore di quella terra. E' il <<testimone>> che lascia con amore un figlio della terra di Dalmazia.

G. DE Z.



Presso il Gruppo di Studio AVSER al momento sono rimaste un numero esiguo di copie del volume che però è stato recentemente ampliato dal Prof. Bravi, passando da 260 a 440 pagine, e trasposto su CDR. Per una futura e plausibile riedizione a stampa è stata interessata l'Assoc. Naz. Dalmata tramite il cugino zaratino del professore, ma ancora nessuna novità. Se son rose..

lunedì 21 novembre 2011

Un garibaldino dimenticato Camillo Zancani da Egna (1820-1888) - Achille Ragazzoni

PREFAZIONE

<<In un'epoca in cui i grandi e i piccoli eroi che con 
il sacrificio delle loro sostanze, con il contributo di idee
e di sangue resero possibile il Risorgimento d'Italia,
sono purtroppo assai spesso dimenticati da quanti
oggi abusano dell'opera loro, sono ben degni di plauso
i pochi che cooperano a tenerne desta memoria, esempio, ideali.
E Camillo Zancani - che fu iniziatore, maestro, compagno
di cospirazioni e di battaglie di Egisto Bezzi 
<<il più mazziniano dei garibaldini e il più garibaldino dei mazziniani>> - 
è altamente meritevole non solo di ricordo,
ma di essere ancora portato ad esempio di amore verso la Patria>>.

Quirino Bezzi

  
Camillo Zancani, garibaldino. Sono trascorsi cent'anni dalla sua morte, ma a qualcuno il suo ricordo dà ancora fastidio. Perché mai? Forse perché un altoatesino che ha partecipato a tutte le campagne di Garibaldi dal 1848 al 1866 offusca l'artificiosa immagine di un Tirolo sempre e solo tedesco, creata da chi nell'era dell'unità europea fa il pangermanista con un secolo e più di ritardo. A certe persone non va proprio giù che un altoatesino abbia speso una vita a battersi per l'unità d'Italia. E ricordarlo, secondo certuni, non gioverebbe alla <<pacifica convivenza>>. Chissà cosa intendono questi per <<pacifica convivenza>>: forse il limitarsi a dire: <<Oh, piove!>> quando il prepotente ti sputa in faccia?
Noi non siamo ipocriti e abbiamo la coscienza a posto, amiamo l'Alto Adige e le sue tradizioni, così come amiamo l'Italia e l'Europa con le rispettive tradizioni. Quando è stato il momento abbiamo parlato bene di Andreas Hofer, personaggio cui portiamo più affetto di quanto non ne portino certi arrabbiati razzisti che, del tutto a torto, se ne ritengono eredi, e così oggi ci possiamo permettere il lusso di commemorare Camillo Zancani anche senza l'appoggio (di cui facciamo ben volentieri a meno) di certa gente che si impasta la bocca di <<pacifica convivenza>>,  facendo in realtà di tutto per sabotarla.
L'Europa di domani si potrà costruire solo sulla base delle singole tradizioni nazionali, imparando a conoscerle e ad amarle e portando loro il doveroso rispetto. Questo è il fondamento di una corretta pacifica convivenza, è inutile nascondersi dietro un dito. Gli altoatesini di tutti i gruppi linguistici devono conoscere i personaggi storici della propria provincia, di lingua tedesca o italiana che fossero.
Il reciproco rispetto è necessario all'avvenire di questa nostra splendida terra che ha sempre avuto la nobilissima funzione di ponte fra due grandi culture. Il reciproco rispetto, piaccia o no a gretti politicanti con gli occhi fissi a Soweto, implica la conoscenza delle reciproche radici e dei reciproci valori. E' in questa prospettiva che, nel centenario della morte, abbiamo voluto commemorare il dimenticato garibaldino dell'Alto Adige.
INDICE

Prefazione di Quirino Bezzi - pag. 5 

Nota introduttiva - pag. 7
La vita - pag. 9

Epistolario - pag. 25
Scritti vari - pag. 57

Garibaldini dei Mille di cui ricorre
il centenario della scomparsa - pag. 68

Bibliografia - pag. 69
 
Comitato Onoranze a Camillo Zancani
nel centenario della morte - pag. 71

Presso il Gruppo di Studio AVSER sono ancora disponibili alcune copie del volume.

sabato 12 novembre 2011

L'eroe della Val Badia. Ricordo di Giovanni Ruazzi nel cinquantenario - Silvano Valenti


In appendice: Etiopia oggi, di LEONIDA FAZI

Celebrare il sacrificio di un caduto è impresa che esige grande virtù d'arte, tale da elevare le immagini fino alle luci dell'eternità. Il concetto è di Gabriele D'Annunzio, l'ultimo dei grandi poeti, che ha chiuso la sua meravigliosa esistenza cinquant'anni fa, una stagione avanti la fine eroica del Volontario atesino qui ricordato.
Chi ne scrive non ha quella virtù e, per quanto egli stesso volontario di guerra, non conobbe le esperienze esaltanti dell'altro Volontario. Sofferse invece le tarde esperienze del '43-'45, la disfatta e il degrado morale che ne è seguito.
A cinquant'anni dal sacrificio di Giovanni Ruazzi molti valori sono stati oscurati, altri sono stati proposti. Parole come vita, morte, eroismo hanno subito un drastico svuotamento semantico. Cinquant'anni fa si viveva, si lottava, si moriva per qualcosa; studentelli di ginnasio, si scandiva Dulce et decorum est pro patria mori. Era un frammento di retorica oraziana, ora schernita dal ghigno degli sciocchi; ma nella coscienza di noi ragazzi quel precetto si stampava come principio superiore, da apprendere sui banchi della scuola e da tramandare. E qualcuno di noi, coerentemente, ne dava testimonianza. 
Morire non era pura antitesi del vivere, ma come il vivere era nobilitato. I migliori di noi intendevano la vita un avvicendarsi di rischi e di superamenti, sognavano - al modo di D'Annunzio - una vita più ampia ed anche una morte degna, non morte di carne inferma, di materia superstite allo spirito annebbiato o estinto. Cosa è oggi la vita, se non dovere di sparsi sopravvissuti, se non illusorio appagamento per i più, prona moltitudine obbediente al ventre? Vivere, per moltissimi giovani allevati in cattività e robotizzati secondo il modello USA, è un pigro viaggiare intorno a se stessi; e morire è una realtà che riguarda gli altri. Eppure, anche oggi si muore a vent'anni: non fronte al nemico nell'ebbrezza della vittoria, ma da miserabili, dietro una siepe, con l'ago confitto nel braccio. A venti ed anche più anni si può morire di una sindrome immonda che riproduce nella carne il disfacimento dell'anima. Vivere, per la massa addomesticata, è inseguire la chimera opaca ed obesa del benessere che allieta di moltiplicate illusioni un insensato navigare senza approdo. E chi nella sera senza Espero, nella notte senza Orsa, nel mattino senza Diana avvertirà il tragico vuoto dell'esistenza, potrà ridursi a sperare in una stagione felice sull'altra riva, se non ha ancora perduto il dono della Fede.
Eroismo: è parola fuori corso. L'eroismo è un valore negativo per la società edonistica che fra le sue grandi <<conquiste>> può vantare la soppressione del sacrificio. Nondimeno in qualche parte del mondo e, larvatamente, anche da noi l'eroismo sopravvive. Spirito eroico hanno quei popoli che difendendo ad alto prezzo di sangue la loro indipendenza e la loro identità contro coloro che per imporre il proprio sistema corrotto e usuraio la fan da padroni nelle loro terre e nei loro mari. <<Meglio morti che servi>>, puoi leggere sull'insegna di questi popoli sventurati, ma ancora liberi; e puoi leggere il contrario nell'insegna - posto che ne abbiano una - dei popoli soggetti e senza avvenire, destinati ad esser prima servi e poi morti. Sotto altre parvenze, l'eroismo sopravvive anche laddove ogni valore è calpestato e <<il demagogo scaglia il suo verso contro a chiunque s'innalzi e contro a tutti i bei disegni.>> Restare in piedi fra le rovine, non cedere alla lusinga del mercante, non curarsi di essere <<tagliati fuori>>, segnati a dito, infamati o condannati al silenzio: tutto questo non è forse qualcosa che somiglia all'eroismo? <<Eroe>> è oggi chi nella sua specie e nel suo cammino sa esser solo. Solo nell'affrontare l'ultima altura, solo con il suo cuore che è <<il compagno più forte>>. Splendidamente solo è l'eroe d'oggi, come l'eroe di ieri nell'atto di donare la vita.

 
Presso il Gruppo di Studio AVSER sono disponibili diverse copie del volume

lunedì 7 novembre 2011

Processo al Seicento - Ferruccio Bravi

<< Nescire quid acciderit
antequam natus sis
id est quasi non esse >>
(CIC., Orat., XI.2) 

Qualcuno si chiederà: perché un processo al Seicento, quando sarebbe più opportuno celebrare il processo - magari per direttissima, e senza appello - al secolo nostro? D'accordo; ma fare un processo al passato è un po' fare il processo anche al presente, poiché la storia d'ogni tempo racchiude in sé i motivi eterni degli avvenimenti, quei motivi che hanno governato le cose passate così come governano le cose presenti e governeranno le future. I grandi, dal Macchiavelli al Vico, ci insegnano che il passato fa lume al futuro, perché il mondo è sempre lo stesso, perché le stesse cose ritornano sotto diversi nomi, sotto diversi aspetti, sotto diversi colori. [...]
Il seicento è noto ai più attraverso una interpretazione distorta, convenzionale, di comodo, viziata da pregiudizi e luoghi comuni.
E' un secolo tuttora giudicato secondo le visuali della cosidetta << età dei lumi >>, quella buia notte della storia che dura ancora. Il Seicento, rispetto al Settecento, fa la parte del baritono: serve a giustificare il secolo nuovo, anche nelle sue aberrazioni. Rispetto al nostro secolo, il Seicento serve come pietra di paragone: si afferma cioè che esso fu un secolo piatto, decadente, disumano, vuoto: mentre invece il secolo nostro - secondo una interpretazione d'obbligo - è ricco di promesse, di sensibilità umana, di giustizia, di progresso sociale e via discorrendo..
Ma, con buona pace dei filistei e dei Pangloss del tempo nostro, il seicento è qualcosa di meglio: è, a differenza del nostro, un secolo in cui l'uomo ricerca ansioso un mondo nuovo dello spirito: nessun altro secolo - salvo il cinquecento che in esso si proietta - è altrettanto ricco di fermenti.. 


Presso il Gruppo di Studio AVSER sono disponibili diverse copie del volume - ricco d'illustrazioni -, tra cui alcune edizioni di pregio rilegate

lunedì 24 ottobre 2011

Povera lingua nostra, dove vai? - Silvano Valenti



Da qualche anno la questione della lingua è dibattuta e seguita con crescente interesse e ciò sembra confermato dal rapido esaurirsi della prima edizione di questa <<Nugella>>. A due anni dalla prima esce ora la seconda edizione - in altri duemila esemplari - integrata da un secondo fascicolo che assume in rapida rassegna i contributi degli altri alla difesa della lingua.
L'aver pubblicato per primi una inchiesta globale sullo stato della nostra lingua e sulle cause del deterioramento di essa ci ha gratificato; ma più dei consensi e delle lodi, ci fa piacere, il moltiplicarsi di iniziative altrui nello stesso senso e, ancor più, il ritrovato amore degli italiani per l'idioma gentile

<<UNA SOCIETA' CHE NON SENTE 
I PROBLEMI DELLA SUA LINGUA E'
UNA SOCIETA' DI ISTINTIVI, DI
ESTROSI, DI IRRESPONSABILI E
PERCIO' SIMBOLO DI NON LIBERTA',
DI NON-GIUSTIZIA>>.
G.DEVOTO





 "La questione della lingua agita tutta la nazione". L'ha dichiarato il prof. Giovanni Nencioni, Presidente dell'Accademia della Crusca, nell'accogliere il primo fascicolo di questa "Nugella" - da lui definita "vivacissima" - nella Biblioteca d'istituto (maggio '86). In effetti, da qualche anno la questione è dibattuta e seguita con crescente interesse, come conferma anche il rapido esaurirsi della prima edizione, ciò che ha del miracoloso essendo mancato l'appoggio dei midia e dei librai che di regola tengono le pubblicazioni del Centro sotto il banco ed eccezionalmente le espongono in vetrina. Ora, a meno di due anni dalla prima, esce la seconda edizione, ampliata di questo fascicolo che assume in rapida rassegna i contributi degli altri. [...]
Pertanto [..] si propone al lettore una panoramica di quanto è stato pubblicato altrove in argomento: una silloge di articoli in ristretto, poesie ed altro idealmente collegati entro un unico discorso, e introdotti ciascuno da un breve testo di presentazione. Come nel primo fascicolo sono inserite qua e là delle vignette di commento in armonia con il taglio e il carattere divulgativo delle "Nugellae" 

<<I fatti di lingua sono esili, apparentemente particolari e irrilevanti. Ma sono <<continui>> e soli permettono quella saldatura ininterrotta che si chiama tradizione. La continuità è rappresentata da una nozione geografica: l'immagine dell'Italia come la natura l'ha formata, come gli eventi esterni l'hanno delimitata, come la parola degli uomini, nell'alternarsi di forze disgregatrici e ricostruttrici, l'ha resa vivente ed unita. 
L'Italia è uno spazio geografico che ha avuto per destino di raggiungere, possedere e poi perdere, e poi riconquistare, una unità etnica culturale politica, e così anche linguistica>>.

G.DEVOTO 



Presso il Gruppo di Studio AVSER sono disponibili numerose copie dei due volumi.

venerdì 14 ottobre 2011

Antichi testi in volgare fra l'ottavo e il tredicesimo secolo - Ferruccio Bravi




PER SORTE singolare la prima vera poesia in volgare nostro è maturata in una corte straniera, quella di Federico II a Palermo, in una estrema isola, crogiolo delle culture più disparate: latina, neogreca, araba, franco-normanna. Qui e non altrove si è finalmente compiuto quel superamento del latino che non poteva compiersi dal basso, bensì per mediazione aristocratica in ambiente colto e raffinato. L'uso del dialetto, nel pratico intento di rendere più spediti i banali rapporti quotidiani - rapporti di lavoro artigianale o di commercio spicciolo - aveva inaridito le radici del neolatino: di qui l'impoverirsi dell'espressione e il proliferare delle parlate locali. 
La coesistenza con la lingua latina, coltivata nell'ambiente aulico, dette invece naturale linfa al volgare che sarebbe presto diventato lingua letteraria e infine lingua di tutto un popolo. Per lo stesso motivo fu benefico l'incontro con la lirica di Provenza, poesia regionale assurta a dimensione europea in virtù della vitale carica di latinità del volgare che l'aveva espressa. Soltanto nella continuità latina ciò che dal latino è nato può vivere e rinnovarsi nel tempo. Questa è una certezza, valida oggi non meno di allora, al di là delle mode e delle scelte di comodo.


INDICE

5 - Ricordo di Orengo
7 - LA CARTA CAPUANA
10 - L'INDOVINELLO VERONESE 
14 - LA <<TRADITIO DE CAMPO GELAU>>
16 - IL PRIVILEGIO LOGUDORESE
18 - L'OMELIA LADINA
21 - IL "FUMETTO" DI SAN CLEMENTE
24 - I TESTI PRELETTERARI
28 - L'ALBA DELLA POESIA ITALIANA
35 - Bibliografia



Presso il Gruppo di Studio AVSER sono ancora disponibili numerose copie del volume

sabato 8 ottobre 2011

Oh, la Globalizzazione! Un mondo, un popolo, una lingua - Silvano Valenti e altri


SOMMARIO

5 - (Preambolo di S.V.)
7 - Lingua superlingua interlingua (F. BRAVI)
15 - Professori così (S.V.)
18 - La lingua sparlata (G. CANALI, F.BRAVI)
28 - <<Nemico della (piccola) Patria>> (F. BRAVI)
33 - Cavalcare la bestia (P.N./S.V.)
38 - Popoletti alla riscossa (S.V.)
42 - Lingua dialetto, 'Blut und Boden' (S.V.)
49 - Rinfrescare l'espressione (F. BRAVI)
57 - <<Viva l'italiano!>> (da <<Trentino emigrazione>>)
60 - Polpette o Hamburger? (da <<La Repubblica>>)
64 - Il calendario del padrino (AVSER)
69 - Lasciare in pace i ladini (S.V.)
74 - In cucina la speranza del domani (S.V.)
80 - Italiani da doversi vergognare (da <<La Vetta d'Italia>>)
89 - Nostra Signora Priorità (S.V.)
94 - La Piovra (ASMODEO)
106 - Risorse e materia prima (ASMODEO e altri)
137 - Il trescone (ASMODEO)
163 - Una pagina bianca (F.BRAVI)
165 - La terza via (S.V.)

171 - Servilismo e masochismo linguistico (F.DI PACE)
181 - <<Straniero è bello>> (F.DI PACE)
189 - Un tristo problema (F.DI PACE)
194 - Verbosità, parofania e farfalloni (F.DI PACE)
197 - Conclusione (F.DI PACE)
200 - Bibliografia


"QUANDO CE LA SPIEGARONO, con parole suadenti e cattivanti, ci dissero che la cosa era una casa di vetro. Ma presto ci siamo accorti che il vetro della casa-cosa è di quelli che nelle ville dei nababbi proteggono la cosiddetta <<privacy>> dagli sguardi indiscreti in modo che dal didentro si veda tutto e dal difuori niente. 
Non sta bene curiosare, ma se al didentro architettano inganni sulla pelle di chi sta fuori, non si giudichi male chi dal difuori pratica un bucolino nella parete, quel tanto da poter occhiolare e regolarsi.
E' ciò che hanno fatto gli autori di questa silloge i quali, in una lingua diversa da quella fumosa degli addetti, raccontano in queste pagine le meraviglie vedute, <<con coscienza e serietà>>, come soleva dire un fine umorista oggi dimenticato che sapeva rivestire la compunta serietà di sottile ironia.
Riferiscono tutto, gli autori, e lo documentano puntigliosamente in esaurienti note a fine racconto. Riferiscono senza far nomi: il peccato si dice, il peccatore si tace. A meno che il nome sia già in altri testi utilizzati o citati. Non è importante somministrare scudisciate a chi le merita o svergognare chi si presta al gioco, magari in buona fede, bensì denunciare e colpire ben individuate categorie morali con la satira che corregge i costumi."

ESTRATTO DA PAG 36-37

[...] Capito, fratello mio? Chi occupa una posizione e ha buoni sentimenti deve com­portarsi, come si dice a Napoli, da "òmme 'e panza" che non lascia intendere quel che ha dentro; e poi, deve saper caval­care la bestia im­monda e sfiancarla fino a stecchirla. O così, o sarà lui a fi­nire stecchito. 
Noi però siamo cresciuti liberi e strafottenti, fieri di essere quel che eravamo, nutriti di sogni corruschi e ferrigni, al tutto ignari di quel 'bene su­premo' che chiamano democrazia e ti inse­gna a vivere cent'anni da verme, invece che un giorno da leone. Siamo cresciuti nella mentalità del gobbino di Re­canati, riformato alla leva, che voleva procombere’ solo lui; e siamo restati nella sua mentalità anche dopo aver capito, da soldati, che all'assalto non si va come nelle oleogra­fie, ma bisogna attendere a lungo, rimpiattati e calmi, il momento del balzo fuori dalla fossa. Saper atten­dere: è una regola tattica valida lungo tutta una la vita.

E, in attesa, nulla concedere.

S.V.

Presso il Gruppo di Studio AVSER sono disponibili numerose copie del volume 

sabato 1 ottobre 2011

La fortuna di Dante e della lingua italiana - Ferruccio Bravi




SOMMARIO

- La fortuna di Dante 5
- La fortuna della lingua d'Italia 34
- Note 49
- La relazione Mitolo 57
- Bibliografia 61

LE FORTUNE di Dante e della nostra bella lingua sono condizionate dalle scelte degli italiani e vanno al passo della fortuna della nazione. Un narratore degli Anni Trenta, appassionato della Commedia, notò: <<L'Italia precipita, il poema è dimenticato; l'Italia si solleva, il Poema torna sugli altari>>. Guardatevi intorno, riflettete e ditemi voi in che condizione è ridotta questa nostra cara Italia e in quale considerazione è tenuto il capolavoro dell'Alighieri.
Il corso felice e sicuro della navicella dantesca, avventurata per secoli <<tra fortuna e bonaccia>> inizia con l'alba del nostro riscatto, quando si guarda al Poeta come al vate dell'Unità d'Italia e al fabbro perfetto della lingua. La <<visione dell'Alighieri>> padre degli italiani conquista dapprima le anime grandi e i letterati emergenti poi la parte più generosa del popolo e diventa realtà.
<<Amore e cor gentile sono una cosa>>: allo stesso modo, DANTE e ITALIA. Le vicissitudini, gli alti e bassi, l'alternarsi della luce e del buio sulla nostra terra tanto amata e bestemmiata, scandiscono le stagioni felici o depresse della lingua. Felici quando l'Italia è libera e <<donna di province>>, quando recupera la sua identità e le chiavi di casa, le sue tradizioni e i grandi valori; depresse quando l'Italia è senza guida, vessata da tirannelli corrotti e ignoranti, soggetta alle imposizioni di forze oscure che attentano al patrimonio morale e culturale dei popoli e ne calpestano il diritto all'indipendenza.


estratti da pag. 22-23-24

"Sappiamo che la Commedia si lascia leggere dai colti di intelletto maturo come pure dagli umili. I calzolai e altri onesti artigiani, tanti e tanti proletari gustavano il poema d'istinto.
Ai bei tempi di mio nonno i popolani mandavano a mente l'Inferno e declamavano con trasporto interi canti. Ora il volgo si fa una cultura con robuste insaccate di telenovelle e tele-spazzature di vario genere. Ignorante, lo vogliono, per capezzarlo meglio [...]
Nella prefazione alla splendida Commedia edita da Olschki nel 1911 GABRIELE D'ANNUNZIO narra di aver veduto in Maremma un bestiaio che teneva fra le mani, come foglie e scorze, dei vecchi quaderni malcuciti. Era l'Inferno di Dante, scritto a mano e passato di padre in figlio, letto e riletto da più generazioni senza l'aiuto di note e commenti, letto e riletto <<nella sua nudità come s'addice a creatura tutta quanta viva e immortale>>.
Si augurava, Gabriele D'Annunzio, che allo stesso modo, in questa medesima disposizione d'animo, ogni italiano potesse finalmente leggere un giorno il poema sacro <<se non giovi sperare che ciascuno di suo pugno lo trascriva, come per averlo in possessione di corpo e di spirito>>."
 

"O somma luce, che tanto ti levi
dai concetti mortali, alla mia mente
ripresta un poco di quel che parevi.

E fa la lingua mia tanto possente,
che una favilla sol della tua gloria
possa lasciare alla futura gente [...]

Nel suo profondo vidi che s'interna,
legato con amore in un volume,
ciò che per l'universo si squaderna." 
Par. XXXIII, 67-87

Disponibili numerose copie del volume presso il Gruppo di Studio AVSER